L’esame era storia del diritto pubblico americano. Un complementare da affrontare a giugno per tranquillizzare famiglie e genitori e preparare le vacanze.
Comprate le dispense a Napoli, l’appuntamento, ogni pomeriggio alle 16, era in via Roma 21, al primo piano dello stabile della cooperativa Inail, all’incrocio con piazzetta Perugini.
L’appartamento era a mia completa disposizione, in attesa del futuro matrimonio di mia sorella.
“Io e Giannantonio stiamo soli e tranquilli – avevo assicurato i miei – possiamo studiare meglio”.
Ed invece già da qualche mese il tinello della casa era diventato uno studio di trasmissione.
Due piatti, l’amplificatore, il mixer a sei uscite, un registratore a bobine, due microfoni, due cuffie, dischi sparsi sul tavolo. Ma ancora non eravamo in onda.
Da quando su alcune riviste erano usciti i primi servizi su Radio Milano International, la prima radio libera d’Italia, oramai per me e Giannantonio Oliva, il primo DJ d’Irpinia che sparava dalle casse della discoteca Sciarada di Mercogliano musica dance (da Barry White a Gloria Gaynor non disdegnando, quando le serate lo permettevano, anche i sofisticati Manhattan Tranfer) l’esame era passato in secondo piano presi dalla frenesia di fondare la prima emittente privata d’Irpinia.
E così ogni sera c’erano riunioni con Melino Santoro e Elio Buonanno, (i due “manager” che erano riusciti a convincere il costruttore Pippo Zagari a finanziare la radio), Michele Acampora, Gerry Vozza, Alfonso Pagliuca, Sergio Valentino appassionati di musica e pronti a cimentarsi dietro ad un microfono.
Si provava, si discuteva sulle trasmissioni e sui mezzi tecnici a disposizione, si invitavano altri amici per cercare di coinvolgerli.
Una sera Giannantonio portò anche una cassetta di una trasmissione che aveva registrato a casa sua con il suo impianto stereo e tutti rimanemmo con la bocca aperta perché sembrava proprio uno di quei disk jockey di radio Montecarlo.
Tutti noi altri dovevano, invece, fare i conti con l’orribile cadenza napoletana e la scarsa professionalità.
Io ero praticamente negato ma venivo ancora preso in considerazione perché amico di Giannantonio e proprietario della casa.
Il cinque maggio 1976 fu installato il trasmettitore; il sei fu posizionata l’antenna fuori al balcone e nel pomeriggio Elio, che era il responsabile tecnico, diede l’Ok: “Si trasmette”.
E alle 16 in punto “Radio Avellino 100” iniziò le trasmissioni in via sperimentale con la trasmissione di Giannantonio che si chiamava “Hey J” dal brano dei KC and The Sunshine Band che faceva da sigla.
In onda musica leggera italiana e straniera per due ore mentre a bordo della Fiat 500, con una delle prime radio in fm, girammo la città per verificare le zone di copertura.
Programmi di musica e qualche intervista sportiva (l’Avellino Calcio era in C, Zagari era un dirigente del sodalizio biancoverde, ci fu concesso di frequentare gli allenamenti e intervistare Musiello e C.) il palinsesto dei programmi. Fu subito un successo. E ogni giorno aumentavano gli ascolti e gli amici che volevano cimentarsi dietro ad un microfono.
Ma eravamo anche dilettanti allo sbaraglio.
Ricordo che per caso Giannantonio, durante una trasmissione, mentre parlava al microfono,alzò il cursore del volume del registratore a bobine e, improvvisamente, venne fuori l’effetto eco.
Con la testa nella radio l’esame all’università andò male, i miei genitori mi sfrattarono da via Roma 21, Radio Avellino fu costretta a trasferirsi a Mercogliano.
Ma oramai il seme era gettato. Di lì a poco l’etere irpino si affollò di emittenti.
Leggi anche