Negli anni ’80, Novantesimo minuto, la trasmissione di Paolo Valenti era l’appuntamento fisso dei tifosi di calcio con i gol della serie A in televisione.

Domenica, ore 18.15: appuntamento con il calcio., c’è Novantesimo Minuto in TV. A partire dal 1970 e almeno fino a quando le tv commerciali e satellitari non hanno completamente fagocitato la principale passione sportiva degli italiani, il volto di Paolo Valenti e del suo 90° Minuto hanno rappresentato molto più di una trasmissione televisiva.

Un fenomeno di costume che, grazie anche ad una collaudata squadra di inviati dai vari campi, ha scritto una delle più fortunate pagine di televisione, in grado di raccontare con realismo (e competenza) uno spaccato del Belpaese, al di là del mero momento sportivo.

Quasi impensabile, nell’era del digitale, che per vedere in tv i gol della propria squadra del cuore un tempo, nemmeno così lontano, occorresse attendere le 18.15!

A rivederli oggi, le immagini, le voci ed i volti del 90° Minuto targato Paolo Valenti (e Maurizio Barendson) suscitano nostalgia.

L’Avellino Calcio in Tv a Novantesimo Minuto

In particolare nei tifosi dell’Avellino Calcio, almeno di quelli che hanno memoria delle edizioni degli anni ’80, quando la squadra biancoverde faceva parlare di sé l’intero Stivale.

L’attesa lasciava spazio alla religiosità quando partiva il più popolare dei jingle della domenica pomeriggio, tratto dal brano Pancho del compositore olandese Jan Stoeckart.

Luci spente, bambini in silenzio e tutti sintonizzati davanti a quella che, nella maggior parte dei casi, era l’unica tv presente in casa per vedere, finalmente, dopo averle immaginate attraverso la voce dei radiocronisti di Tutto il calcio minuto per minuto, le sintesi in video delle gare di serie A.

Da Luigi Necco a Salvatore Biazzo a Gianni Porcelli

Volti che, nel corso degli anni, erano diventati familiari più che popolari: da Tonino Carino da Ascoli con le sue giacche improbabili ed il suo stupore nel raccontare le gesta degli uomini in campo a Giorgio Bubba da Genova diviso a settimane alterne tra raccontare le prove di rossoblu e blucerchiati, da Marcello Giannini da Firenze che sembrava uscito dalla combriccola degli Amici Miei di Tognazzi a Ferruccio Gard da Verona con le sue freddure tranchant, da Gianni Vasino da Milano al suo alter ego partenopeo Luigi Necco.

Proprio quest’ultimo, dal campionato 1978/79 divenne la voce anche delle gare interne dell’Avellino.

I collegamenti con lo studio di Paolo Valenti avvenivano inizialmente dalla sala stampa della Tribuna Montevergine del “Partenio”, con il giornalista puntualmente accerchiato da ragazzini (e non solo) festanti o delusi, a seconda del risultato.

Un raccontare il calcio tra la gente, quello che rese celebre Necco, che non nasceva dal caso ma era un modo per evidenziare la genuinità di un popolo, quello avellinese, che attraverso il calcio cercava di farsi largo, di uscire da un anonimato di provincia che gli stava stretto.

Ovviamente, in un simile contesto, l’imprevisto in diretta era dietro l’angolo.

Indimenticabile la bestemmia che, in occasione del primo derby Avellino-Napoli, risuonò dalla Montevergine nelle case degli italiani, con il buon Necco abile a celare la rabbia e l’imbarazzo.

Così come memorabili son rimaste le scene di giubilo, ad ogni salvezza acquisita, dei tifosi irpini a sommergere letteralmente, impedendogli quasi di parlare, il loro telecronista portafortuna.

Se quello di Necco è stato il volto storico dal “Partenio” di 90° Minuto, anche altri giornalisti hanno negli anni raccontato, con pari professionalità e personalità, l’avventura degli irpini, sia in massima serie che in cadetteria, da Salvatore Biazzo a Gianni Porcelli, da Mauro De Nitto a Maurizio Romano.