Al vino hanno dedicato parole oratori, scrittori, musicisti. La storia della letteratura, sia antica che moderna, è piena di riferimenti a quel nettare degli dei capace di esaltare l’essenza del genere umano.
“Com’è vero che nel vino c’è la verità/ti dirò tutto, senza segreti” osservava William Shakespeare.
Ed allora, senza segreti, abbiamo fatto due chiacchiere con Annito Abate, presidente della sezione di Avellino dell’Associazione Italiana Sommelier, cercando di capirne di più sia sulla figura dei sommelier che sulla qualità dei prodotti made in Irpinia, dalla voce di un diretto protagonista
Architetto Abate, in che misura la figura del sommelier può essere un veicolo di promozione delle eccellenze vitivinicole del territorio?
“Credo sia importante fare una premessa. I sommelier hanno innanzitutto un decalogo di cortesia e di comportamento che ne regola il loro approccio con il pubblico.
Ultimamente, con la cultura del vino che si sta sempre più diffondendo, il sommelier deve dimostrare di possedere non solo conoscenze enoiche ma anche ottime doti comunicative.
Insomma, oltre ad una preparazione pratica occorre avere una preparazione teorica del complesso sistema legato al mondo del vino, che non può prescindere dal territorio di produzione”.
Il sommelier dovrebbe essere una figura professionale sempre presente nei ristoranti, nelle enoteche, nei wine bar. Eppure, salvo qualche rara eccezione, non risulta che in provincia di Avellino queste figure siano sempre presenti. Come mai?
“I sommelier sono molto presenti, soprattutto nei ristoranti stellati.
Se il patron di un locale ha inserito una carta dei vini importante è normale che la salvaguardi con la presenza di una figura qualificata che sappia gestire la cantina e sappia trattare con i clienti.
Anche in Irpinia mi sembra che molti ristoranti di medio alto livello, nonché i wine bar e le enoteche, si affidino a persone esperte. Molti ragazzi che hanno partecipato ai nostri corsi lavorano ormai stabilmente in ristoranti a Londra, a Roma, a Milano”.
L’Irpinia vanta la presenza di un numero importante di cantine disseminate sul territorio, a volte con una produzione limitata di bottiglie. Secondo lei, questo dato è da considerare un punto di forza o un punto di debolezza?
“Credo che l’aspetto quantitativo non possa essere valutato slegandolo da quello qualitativo. Faccio un esempio prendendo a spunto l’architettura, che è la mia professione.
In Olanda c’è una qualità diffusa e chi approccia alle opere lo fa tenendo conto del costruito.
Così è anche per il vino: se l’asticella qualitativa è alta, chi si approccia a questo mondo lo deve fare con cognizione di causa.
Detto ciò, mi sembra di poter dire che in Irpinia la qualità diffusa è alta”.
l Presidente di Assocuochi, Luigi Vitiello, lamenta la presenza sul mercato di prodotti, anche talvolta etichettati come Docg, che al gusto e non solo presentano una bassa qualità. E si tratta quasi sempre di prodotti che hanno un prezzo che mal si concilia con un vino a denominazione di origine controllata e garantita (leggi: In Irpinia vini di qualità ma Stop a quelli da 3 € ) . Come mai accade ciò?
“Premesso che è possibile che sul mercato ci siano anche imprenditori scorretti, non mi risulta che tale fenomeno sia particolarmente diffuso in Irpinia.
D’altronde, per produrre vini Docg occorre attenersi a dei disciplinari molto rigidi che non prevedono deroghe.
Questo è il motivo per cui molti, magari, preferiscono dedicarsi a prodotti diversi, come ad esempio il Campania Igt che evidentemente non segue lo stesso disciplinare rigido di una Docg.
E, così, è possibile fare ugualmente buoni prodotti ma con costi più contenuti”.