Il racconto del territorio dell’Irpinia passa anche attraverso la promozione delle sue tipicità e delle sue eccellenze. Tra queste, i vini rappresentano forse la punta di diamante, motivo di vanto ma anche strumento di sviluppo economico. Che non può prescindere, però, dal valore della conoscenza e dalla capacità di saperlo affermare.

In quest’ottica un ruolo di primo piano lo svolgono i sommeliers.

Appassionati, cultori e veicolo di sensazioni. Legate al vino e ai luoghi di produzione.

Della figura e del ruolo del sommelier ne abbiamo discusso con Annito Abate, architetto e presidente della sezione di Avellino dell’Associazione Italiana Sommelier.

Architetto Abate, quella del sommelier è una figura sempre più specializzata e competente. Raccontare un vino significa raccontare un territorio, la sua storia, le sue tradizioni, le sue peculiarità.

“Raccontare un vino è soprattutto raccontare un’emozione, che viene sintetizzata attraverso il lavoro sul territorio. Un vino è il territorio stesso in cui si produce, è il microclima, il sole, i venti, è il lavoro in vigna e in cantina, è l’uomo con la sua storia”.

Quanti sono i sommelier irpini e quali sono le principali attività che svolge l’Ais sul territorio?

“Attualmente i sommelier iscritti all’Ais di Avellino sono circa 300. Oltre alle classiche attività didattiche, l’Ais promuove numerosi appuntamenti: dai corsi di avvicinamento al vino alle degustazioni sia verticali, che riguardano tutti i vini di una singola azienda, che orizzontali, che vedono protagonista un vino, come quella sui rossi di Lapio che abbiamo tenuto di recente.
Inoltre, ci facciamo promotori di incontri, momenti più o meno conviviali in cui ci si confronta e si approfondiscono varie tematiche legate al mondo del vino. Diciamo che si tratta di cene ragionate ma vissute con leggerezza, durante le quali riempiamo la pancia ma anche la mente”.

Cosa possono fare e cosa fanno i sommelier irpini dell’Ais per la promozione dei vini irpini?

“L’Ais ha nel suo statuto la promozione dei territori, rispetto ai quali svolge un ruolo di ambasciatore. Promuovere un vino, e di conseguenza il territorio di origine, impone di saper comunicare bene, con un linguaggio che sia anche in grado di elaborare e trasmettere le emozioni legate ad un vino. Essere presenti sul territorio significa anche stare vicino alle aziende, partecipare alla divulgazione delle loro fatiche, portare avanti e rafforzare il brand Irpinia, che deve uscire dall’isolamento ed entrare in un sistema di riconoscibilità nazionale ed internazionale. Proprio a tal proposito devo dire che mi sono trovato perfettamente in linea con quanto dichiarato, proprio pochi giorni fa, da un guru del settore qual è Peter McCombie”.

Cioè?

“Mi spiego con un esempio. Se diciamo Irpinia, noi che ci viviamo sappiamo perfettamente di cosa parliamo. Ma se parliamo di Irpinia ad un giapponese a cui vogliamo vendere un nostro vino probabilmente cadrà dalle nuvole, mentre troverà riconoscibile il Vesuvio o Pompei. Ecco, noi dobbiamo saper sfruttare la riconoscibilità internazionale delle zone che ci sono vicine ed inserirci in tale sistema: ciò non significa perdere il concetto di Irpinia, ma ci consentirebbe di affermarci senza isolarci”.

La promozione dei vini locali passa anche attraverso il consumo che, in primis, ne fanno gli irpini. In casa come nei locali pubblici. Ultimamente nei supermercati è possibile trovare bottiglie, anche di vini Docg, che non superano i tre euro. Cosa bisogna attendersi quando si stappano queste bottiglie? E, poi, c’è il rischio che vini qualitativamente non eccellenti finiscano in ristoranti e vinerie per essere serviti, magari spacciati per grandi vini, al bicchiere?

“Io parto dal presupposto che il mondo del vino, in tutta la sua filiera, è fondamentalmente onesto. D’altronde, i prezzi delle Docg sono abbastanza noti per cui è difficile che possano generarsi confusioni. Un Taurasi o un Barolo hanno una loro chiara riconoscibilità. Già diverso è il discorso che riguarda il mercato Igt e di tutti quei prodotti unificati sotto il marchio Dop. E’ evidente che esiste Aglianico e Aglianico, Rosso di Montalcino e Rosso di Montalcino. I vini, per la distribuzione, seguono linee e circuiti differenti, per cui un vino da grande distribuzione è diverso da quello che entra nei circuiti horeca o addirittura nei circuiti più ristretti, di quelli che in Francia chiamano negociant.
Non vi è dubbio che possano esserci situazioni poco controllabili ma le aziende lo hanno capito e sono molto attente a non cadere in pericolose trappole.
Certo, se poi ci si trova di fronte ad un commerciante disonesto c’è poco da fare. Ecco perchè io suggerisco sempre, a chi abbia voglia di bere un buon vino, di preferire la bottiglia al singolo bicchiere. Almeno si è sicuri di non cadere in tranelli”.

Quali sono i prossimi appuntamenti programmati dall’Ais di Avellino?

“Intanto proseguiremo i nostri corsi, poi ci saranno le prove d’esame per i nuovi 60 sommelier che hanno concluso il corso di I livello. A febbraio comincerà anche il corso di II livello. Dopo l’estate prenderanno il via i nuovi corsi. In programma c’è anche l’organizzazione di una degustazione di un grande bianco irpino. Tra le iniziative a cui stiamo lavorando ve ne è una sui profumi del vino, con gli studenti della facoltà di Enologia, ed un’altra che sarà incentrata sulle differenze tra i vini rispetto al trascorrere del tempo”.