Dal sogno playoff all’incubo playout, dalla squalifica di Castaldo al cambio di allenatore, dalla lunga scia di infortuni all’esplosione di Mokulu, dalla difesa colabrodo alla delusione Tavano.

Ma da chi ripartirà l’Avellino Calcio il prossimo anno? E con quali obiettivi? Il primo tassello da cui partire è naturalmente quello dell’allenatore.

E, dopo quanto accaduto quest’anno, una riflessione va fatta sul futuro di Attilio Tesser.

Il tecnico di Montebelluna, merita la conferma?

Almeno sette motivi indurrebbero a dargli una seconda chance.

1) La salvezza. Che piaccia o no, il mantenimento della categoria è soprattutto merito suo. Non era facile, dopo la scellerata parentesi Marcolin, tornare ed in pochi giorni motivare la squadra. Lui l’ha fatto. Con professionalità e mettendo da parte ogni spirito di rivalsa.

2) L’esperienza. In serie B è senz’altro uno dei tecnici più navigati. Ed in cadetteria avere una guida esperta è sinonimo di garanzia.

3) La preparazione. Tesser ha dimostrato durante la sua permanenza in Irpinia di non essere uno che improvvisa. Il lavoro è il suo credo. Certo, ci sono stati momenti difficili in cui ha contribuito anche lui con scelte che non apparivano quelle giuste. Ma in fondo, chi non commette errori? L’importante è saperli riconoscere.

4) La piazza. Dopo un anno vissuto in prima linea, Tesser ha preso coscienza di cosa significhi allenare al sud e ad Avellino in particolare. La determinazione mostrata al suo ritorno, dalla sfida con la Pro Vercelli in poi non è frutto del caso.

5) La signorilità. E’ una delle sue principali doti, riconosciutagli da tutti, anche dai suoi detrattori. E non è vero che nel calcio conti poco il carattere e l’educazione. Anzi.

6) Il bel gioco. Per lunghi tratti della stagione, pur tra mille difficoltà, l’Avellino ha espresso un buon calcio. Fatta eccezione per un paio di circostanze (Novara in trasferta e Ternana in casa su tutte) la squadra si è sempre espressa su buoni livelli, dimostrando di avere idee ed una ratio nel suo gioco. L’avvicendamento in panchina con Marcolin, per cinque giornate, ha fatto emergere in maniera lampante proprio questo aspetto.

7) La riconoscenza. E’ giunto in estate ad Avellino in punta di piedi (rimettendoci anche un paio di pantaloni bruciati da un fumogeno in sede di presentazione), si è rimboccato le maniche e, dopo una partenza balbettante, ha rimesso in sesto la nave. Dopo il mercato di gennaio, per responsabilità non tutte ascrivibili a lui, qualcosa si è inceppato. Richiamato a gran voce, è tornato con la solita umiltà ma anche con maggiore determinazione. Con i risultati ha centrato l’obiettivo. Ma anche fatto aumentare i rimpianti.