Un uomo fa quello che deve – nonostante le conseguenze personali, nonostante gli ostacoli e i pericoli e le pressioni – e questo è la base di tutta la moralità umana. (Winston Churchill).
In punta di piedi, senza sembrare troppo invadente vorrei provare ad offrire una piccola interpretazione di quanto sta accadendo in questi giorni nella politica Avellinese, tra sentenze, attese a bordo campo di inoccupati di lungo corso in cerca di un contratto a tempo determinato, dimissioni annunciate, ed immobilismo costante.
Il tutto, al cospetto di un partito dalle stanze polverose e vuote, invase da un silenzio assordante e penetrante. Un partito che si anima solo in occasioni di spartizioni e di assegnazione di seggi e poltrone.
E’ vivo in me il ricordo delle assemblee del Pd Provinciale per le candidature alle elezioni regionali.
Tutti presenti, tutti parlanti, tutti con qualcosa da dire, con qualcosa da rivendicare.
Ora, invece il silenzio.
Tutto tace sull’acqua, sull’assenza di una attività amministrativa seria, sulle periferie, sulla formazione, sull’assenza di vita di una città morente.
Non che in altre stanze vi sia fermento, per carità, dovessero giungere le dimissioni del sindaco oggi non ci sarebbe che il nulla a cui attaccarsi, da destra sino alle colonne d’ercole della sinistra.
E quindi per poterci distogliere dalla nostra incapacità politica, dalla nostra assenza di moralità, le pagine dei pochi giornali che continuano la loro attività di informazione, molti si sono trasformati in vere e proprie Pravde locali, si soffermano sull’attività della nostra magistratura alla ricerca in un modo o nell’altro di qualche uomo possa offrire un barlume di speranza assumendosi il ruolo di nuovo uomo della provvidenza.
Da un lato l’inchiesta che scuote la pubblica amministrazione che stana i furbetti del cartellino, figli e parte integrante di un sistema marcio e maleodorante caratterizzato da impiegati pubblici, privi di competenze, raccomandati di ferro, che hanno vissuto da sempre alle spalle dell’onesto cittadino, che vanno puniti attraverso vergate durissime in pubblica piazza; dall’altro il neo consigliere regionale, condannato in primo grado e beatificato in cielo, in terra ed in ogni luogo.
Ed allora voi capirete che così non va bene, che bisogna fare ordine, che il principio è unico e che nessuno può essere considerato colpevole sino all’ultimo grado di giudizio e che deve essere celebrato un processo “giusto”, con un giudice terzo ed imparziale.
Insomma siamo tutti presunti innocenti sino a prova contraria, e non sciorinerò una lezione di diritto, me ne guardo bene, ma mi chiedo ci si rende conto che a partire da mani pulite in poi la politica ha abdicato alla Magistratura il proprio ruolo e non ha mai affrontato la questione morale?
Io non vorrei scomodare uomini come Berlinguer, ma uno da qualche parte un po’ di conforto pure lo deve trovare.
E si perché lo aveva detto la morale è cosa alta, altissima e non riguarda la sola illegalità diffusa nelle istituzioni, ma l’invasione schifosa e strisciante che i partiti hanno compiuto delle istituzioni, colonizzando a proprio uso e consumo ciò che doveva rimanere al servizio esclusivo dei cittadini aldilà di ogni visione parziale .
Perché ai partiti spetta il compito di offrire visioni del bene comune e poi chiedere il consenso agli elettori .su quella base chiedono il consenso dei cittadini. La società esprime interessi del presente, le istituzioni debbono avere invece una visione più lunga che guarda anche al futuro di tutti.
Ed allora io non esprimerò giudizi sulle condanne, sulle inchieste, su chi vive momenti anche umanamente drammatici, non mi compete, ma auspico che la Politica ed i Partiti si riapproprino della ricerca della bellezza e della felicità, che abbiano il coraggio della discussione e del contraddittorio e che la smettano di incontrarsi bivaccando sul nulla, perché la città muore.
Non esiste una moralità pubblica e una moralità privata. La moralità è una sola, perbacco, e vale per tutte le manifestazioni della vita. E chi approfitta della politica per guadagnare poltrone o prebende non è un politico. È un affarista, un disonesto.
(Sandro Pertini)