Avellino tra passato e presente

di Barbara Matetich

L’ attenzione rivolta da lungo tempo alle grandi città, centri propulsori di civiltà, di movimenti artistici e culturali che fortemente hanno inciso sulla nostra storia, é universalmente condivisa. In molti casi, infatti, queste città custodiscono un ricchissimo patrimonio storico ed artistico chiaramente leggibile e pienamente fruibile.

L’interesse rivolto ad una piccola città di provincia come Avellino, anonima e scialba allo sguardo di un frettoloso osservatore, potrebbe, invece, apparire ingiustificato o addirittura gratuito.

a non é così perché ogni città, grande o piccola, ricca o povera, possiede una storia dai caratteri unici e particolari che nel corso del tempo si è impressa nel suo paesaggio urbano.

Ripercorrendone le strade, le piazze, i mercati, i nuclei più antichi e gli agglomerati più recenti, ci si ritrova inevitabilmente di fronte ad una storia unica, espressione di una comunità caratterizzata da una propria cultura con implicazioni, motivazioni, substrati ed eventi del tutto particolari.

Soltanto se si è consapevoli che concetti come "periferia" o "centro minore" sono di per sé strumentali e discriminanti e dovrebbero essere sostituiti da una coscienza di autonomia e dignità soggettiva di ogni cultura, ovunque si sia definita, soltanto se si è animati da uno spirito di ricerca che prescinda da mortificanti catalogazioni e da schemi troppo rigidi, insensibili ai caratteri propri di una certa cultura e di un determinato contesto storico geografico, si può affrontare lo studio di una realtà come quella della città di Avellino.

Ed é con tali premesse che si vuole intraprendere lo studio dei caratteri del tessuto urbano avellinese soffermandosi sui suoi segni emergenti per restituirli in modo incisivo ai nostri occhi e alla nostra memoria e per esprimere anche l’auspicio che certe opere ritrovino il loro originario splendore con adeguati interventi, con una seria politica di manutenzione straordinaria ed ordinaria, affinché le tracce del passato non siano perdute, ma, al contrario, possano reinserirsi in un percorso che le abbia come oggetto di godimento pubblico per i loro contenuti di testimonianza e, soprattutto, come chiave della progettazione futura della città.