Avellino: La storia della caserma dei carabinieri Litto e dei suoi eroi

di Andrea Massaro

La storia delle caserme di Avellino,tra le quali si inserisce a pieno titolo l'ex Caserma "Litto", secolare sede dei Carabinieri fino alla tragica sera del 23 novembre 1980, data del terremoto che funestò l’Irpinia, si può ripercorrerla in una forbita e dotta relazione dell'allora consigliere comunale Giovanni Trevisani, poi Sindaco di Avellino negli anni seguenti, relazione letta nella seduta del Consiglio comunale di Avellino del 27 novembre dell'anno 1862.

Nella relazione del Trevisani si legge come, avvenuta la "soppressione dei Monasteri al tempo dell'occupazione Francese, vennero concessi ai Comuni i locali che da' Religiosi si possedevano...".

I monasteri ai quali fa cenno l'Avv. Trevisani sono quelli degli Agostiniani Scalzi e quello dei Francescani.

Il primo, è conosciuto come convento S. Generoso, oggi ristrutturato ha accolto dal marzo del 1991 il Comando dei Vigili Urbani del capoluogo.

L'altro, dell'ordine di S. Francesco, una volta esistente in Piazza della Libertà, già convento dei Francescani in uno con l'omonima e indimenticabile chiesa con il bellissimo loggiato, fu demolito alla vigilia della seconda guerra mondiale.

Oltre a questi due conventi, trasformati a caserme, vi è un'altra caserma, anch'essa ben nota che, sebbene non costruita in origine come quartiere militare, è stata la prima vera caserma della gendarmeria e dei Carabinieri al Corso Vittorio Emanuele II.

Questa caserma è stata abbandonata dai militi dell'Arma Benemerita solo all'indomani del predetto terremoto del 23 novembre 1980.

A dare il nome alla Caserma fu un episodio legato alla guerra d'Africa. Tra i tanti giovani irpini inviati nel continente africano figura anche il Sottotenente dei Carabinieri Nicola Litto, di Baiano.

Nel 1936 in Africa orientale il suo reparto fu attaccato da forze nemiche che volevano impadronirsi di un furgone postale affidato alla sua protezione. Per proteggere gli uomini di scorta attirò il fuoco nemico sulla sua persona. Caduto eroicamente nel combattimento, alla sua memoria fu conferita la medaglia d'argento al valor militare.

La caserma al Corso Vittorio Emanuele II in origine era un elegante palazzo posto lungo l'ombroso Viale dei Pioppi, come si chiamava allora il Corso, di proprietà di Don Girolamo Testa.

L'elegante palazzo di Don Girolamo Testa fu, agli inizi dell'Ottocento, acquistato dal Comune per la somma di 13.525 ducati ( poco meno di mezzo miliardo di oggi) e, dopo le necessarie "ampliazioni, lo stesso s'addisse all'uso speciale di alloggio militare", cambiando da allora denominazione in Padiglione Militare.

Una prima trasformazione dell'ex "casamento" Testa fu eseguita da un noto appaltatore dell'epoca: Don Saverio Curcio.
Il progetto di riduzione, risalente al 1819 e firmato da Luigi Oberty, si identifica nell'attuale facciata del Padiglione, prospicente sul Corso.
All'interno della Caserma il cortile a T, conservato negli anni, rispecchia l'originale progetto di Oberty, ancora visibile tra i documenti esistenti nel fondo dei lavori del Corpo Ponti e Strade dell'Archivio di Stato di Napoli, che "termina con una porta in posizione diametralmente opposta a quella sul Corso", come ha opportunamente evidenziato Vega De Martini.
Il problema dei quartieri militari nella nostra città è stato un continuo cruccio per la civica amministrazione dei primi decenni dell'Ottocento.

La folta presenza di militari in Avellino, costituita dalle truppe dell'Armata Austriaca a servizio della casa regnante borbonica, rende necessario istituire all'interno del Decurionato (consiglio comunale) una figura istituzionale alla quale delegare la delicata materia della disponibilità di locali da assegnare alle guarnigioni militari.

E Avellino, per il suo recente passato di città sede dei moti costituzionali dell'anno prima, quando proprio dal nostro capoluogo scoccò la scintilla risorgimentale che si concluse con la tragica morte dei patrioti Morelli e Silvati, ebbe sempre un "occhio di riguardo" da parte della polizia per cui era massiccia in città la rappresentanza di battaglioni e reggimenti provenienti dai cantoni Svizzeri, dalla Boemia e dalla Croazia, dall'Ungheria e dall'Austria che stanziavano a ciclo continuo nelle varie caserme di Avellino.

Agli inizi dell'anno 1822, a poco più di sei mesi dalle quattro giornate rivoluzionarie del luglio 1821, il predetto Decurionato, a capo del quale troviamo Don Carlantonio Solimene, in previsione della nomina della persona a cui affidare il nuovo incarico di "Uffiziale delle Caserme e del Padiglione Militare", designa una terna di tre amministratori rappresentata Don Giuseppe Iannaccone, Don Alessio Siciliano e Don Giuseppe Cesa.

Il nome prescelto dalla terna avrà anche il compito di curare la Polizia rurale e quella municipale.

In questo stesso anno, proprio per la continua presenza di soldati, i locandieri che affittano stanze e stalle alla truppa che non riesce a trovare adeguato alloggio nelle caserme civiche esprimono il loro malumore al Sindaco ed all'intero decurionato per i pagamenti arretrati non ancora riscossi da molto tempo. In particolare la locanda di Saverio Marotta accoglie un gran numero di baffuti gendarmi qui inviati per la repressione di quei movimenti insurrezionali che videro l'impegno di Lorenzo de Concilj e di molti altri patrioti.

Il Padiglione prima di ospitare i Carabinieri è stato provvisorio e temporaneo Distretto Militare fino al 31 maggio 1880, data questa che segna il completamento della "Caserma Irpina" in Via de Concilj, già sede del Distretto di Avellino, anch'essa vistosamente rasa al suolo dagli eventi sismici del novembre 1980.

Il 15 maggio 1865, il Maggiore del Servizio del Genio Militare di stanza a Salerno indirizza una nota al Sindaco del Comune di Avellino con la quale, in previsione dei lavori di adattamento a scuderia del pianterreno del Padiglione dei Pioppi, chiede lo sgombero degli uomini della Guardia Nazionale di Avellino acquartierata proprio nella caserma al Corso. In questa Caserma l'anno prima ha trovato sede la 9? Compagnia Veterani. Tanto si apprende dalla lettura della nota del 26 settembre 1864 del Comando Militare della Provincia di P.U. nella quale si lamenta il grave stato nel quale si trova la parte del Padiglione destinata ai Veterani.
Nel 1866 sono eseguiti alcuni lavori di "immegliamento" all'interno del Padiglione.

L'apposita commissione tecnica, incaricata della sorveglianza dei lavori, si pronuncia in modo determinante a che la prospettiva settentrionale del Quartiere Militare del Padiglione non sia stravolta dai lavori ma conservi il più possibile l'aspetto elegante e armonioso disegnato da Luigi Oberty.

Il comando dei Carabinieri prima di trasferirsi nel Padiglione, per oltre due decenni, è rimasto acquartierato nel vecchio Convento S. Generoso a Porta Puglia. Essendo questo poco idoneo alle necessità dell'Arma e poiché lo stesso Comando ha sempre insistito per avere una nuova sede corrispondente alle accresciute esigenze, nel 1875 il problema della Caserma dei Carabinieri è affrontata dal Consiglio Provinciale di Avellino.

Nella seduta dell'11 ottobre la Deputazione Provinciale è autorizzata dal Consiglio dell'ente a comprare dal Sig. Nicola De Peruta il "casamento", allora non ancora ultimato, che da poco si erge alla via Irpina (poi Via Mancini).

Il precedente intervento di Luigi Oberty nei locali del Padiglione lega l'opera di questo illustre progettista a pieno titolo nella storia di Avellino e delle sue istituzioni.

In Avellino il nome di Luigi Oberty a molti sconosciuto, è venuto nuovamente alla ribalta negli anni del dopo terremoto allorché si è tanto parlato dei vincoli imposti sugli edifici e sulle opere di interesse storico ad opera della Sovrintendenza di Avellino allora diretta dall'Architetto Mario De Cunzo.

Sulla figura di Luigi Oberty ultimamente chi scrive si è a lungo soffermato riportando alla luce l'opera di tecnico e funzionario capace.

Con nota del 31 dicembre 1860, il Dicastero dell'Interno diramava una circolare ai Sindaci dei Comuni Capoluoghi nella quale si precisava che nell'anno 1861 "Il corpo dei Carabinieri Reali dovevasi organizzare nelle Province Napoletane per Divisioni, Compagnie, Luogotenenza, e Brigate, come lo è nelle altre parti d'Italia. Si ha da ritenere in massima che si stabiliranno ufficiali e soldati in tutti i Capoluoghi di Provincia di Circondario, e di Distretto, Bassi uffiziali e soldati in tutti i Capoluoghi di circondario; cosichè saranno ad un dipresso 40 uomini in ogni Capoluogo di Provincia, 20 in quello di Distretto e 7 in quelli di circondario".
Per Napoli le disposizioni prevedevano un reggimento di 900 uomini diviso in 13 Compagnie "per modo che vi sia una forza sufficiente in ogni Quartiere".
E proprio nell'ex capitale del Regno delle Due Sicilie, durante il periodo della Luogotenenza, i Carabinieri vi trovarono subito stabile dimora.
Uno dei primi atti compiuti da Luigi Carlo Farini, nominato Luogotenente Generale al Governo delle Province continentali dell' Italia meridionale da Vittorio Emanuele II il 6 novembre 1860, fu quello di formare un reggimento di carabinieri reali per la città di Napoli.
Dieci giorni dopo il Farini decretava l'istituzione del reggimento al quale univa un Corpo di volontari allievi carabinieri, "sia per l'arma a piedi, che per quella a cavallo".
Sotto la stessa data, (16 novembre 1860), il Farini provvedeva ad emanare il regolamento per la formazione del reggimento dei Carabinieri Reali per la città di Napoli.
Il 31 gennaio 1861 ancora il Dicastero dell'Interno, richiamando la precedente circolare del 31 dicembre 1860, ricordava "le dimensioni e la forma degli oggetti" da rispettarsi nelle operazioni di fornitura del casermaggio.
Con la precisione che ha sempre contraddistinto l'Arma, il tutto restava codificato negli articoli 444 e seguenti del Regolamento generale, approvato "da S.M. il 16 ottobre 1822".
La storia dei Carabinieri italiani parte da lontano. "Nei secoli fedeli" è il motto che distingue l'Arma "Benemerita" ed è stato, sin dalla sua costituzione, sempre onorato.
L'Arma dei Carabinieri fu istituita da Vittorio Emanuele I il 13 luglio del 1814, sotto il nome del "Corpo dei Carabinieri Reali".
Scopo del Corpo fu quello di assicurare, all'interno dello Stato e nelle Regie Armate, l'osservanza dell'ordine e l'esecuzione delle leggi.
Oltre a questi compiti, le Regie Patenti del 1814 considerava i Carabinieri come un Corpo militare e anche in questo campo i Carabinieri , nell'arco della loro ultrasecolare attività, hanno dato prova di coraggio e di eroismo.
Nel 1815 ai Carabinieri è amministrato il battesimo del fuoco a Grenoble.
Durante i moti piemontesi del 1821 e repubblicani del 1834 ancora i Carabinieri davano prova della loro lealtà alle istituzioni.
Nel 1848, dopo le cinque giornate di Milano, Carlo Alberto dichiarò guerra all'Austria. Mentre l'esercito piemontese si apprestava a varcare il Ticino tre squadroni di Carabinieri a cavallo entrarono a far parte del corpo di spedizione.
I Carabinieri si distinsero, in particolar modo, nel luglio del 1848 a Staffalo, a Sommacampagna e a Custoza meritandosi una menzione onorevole.
La campagna del 1849, con la disfatta di Novara, vide i Carabinieri forti e imperterriti e la loro condotta fu dichiarata "mirabilissima".
Nel 1855 i Carabinieri parteciparono alla spedizione di Crimea. Furono costituite stazioni a Costantinopoli e Jeni Koi, meritandosi l'ammirazione degli alleati e degli abitanti del posto.
Nella seconda guerra d'indipendenza nel 1859 ai drappelli dei Carabinieri fu affidato il compito di scortare i reparti armati, mentre un apposito drappello servì di scorta a Vittorio Emanuele II.
Le guerre del 1860-61 vedono il Corpo dei Carabinieri trasformato in Arma e ordinato in Legioni.
All'indomani della proclamazione dell'Unità d'Italia, come è noto,nel Mezzogiorno si sviluppò e prese vita la reazione che sfociò nel brigantaggio.
L'Irpinia non fu risparmiata da tale fenomeno e, proprio per debellare i cruenti episodi, accanto ai bersaglieri e ai reparti regolari si unirono reparti dell'Arma dei Carabinieri.

Vedi: La storia dei carabinieri in Irpinia

Lasciato, come sappiamo,dai Carabinieri per la inagibilità causata dagli eventi sismici dell'80, l'importante Palazzo al Corso è stato, recentemente, dopo varie vicissitudini burocratico-amministrative, completato secondo il progetto esecutivo di restauro e consolidamento predisposto dall'ente proprietario.

L'Amministrazione Provinciale di Avellino nel dicembre del 1987 ha conferito all'Arch. Claudio Rossano, all'Ing. Antonio Iapicca, all'Ing. Giovanni Del Grosso, all'Ing. Raimondo Cocca e all'Arch. Giuseppe Mauro l'incarico per la redazione di un progetto esecutivo relativo al consolidamento ed al restauro della caserma "Nicola Litto" in Avellino, danneggiata dal sisma del novembre 1980.

Più oltre la stessa commissione si sofferma sulla descrizione dell'immobile:

l'edificio di pianta prevalentemente rettangolare, con i lati corti corrispondenti ai prospetti su Corso Vittorio Emanuele e Via Mancini, si articola intorno ad un cortile anch'esso rettangolare secondo l'impianto planimetrico conventuale (sic) primitivo. A tale impianto appartengono il prospetto su Via Mancini e le due ali laterali ad esso contigue; la facciata prospettante su Corso Vittorio Emanuele è un corpo aggiunto in epoca posteriore, al fine di allineare il complesso agli altri edifici della suddetta strada. Il corpo realizzato in epoca posteriore, al fine di uniformare il prospetto su Corso Vittorio Emanuele, ha invece forma prevalentemente rettangolare, con numerose irregolarità distributive e planimetriche.
All'epoca del sisma l'intero edificio era destinato a caserma militare del corpo dei carabinieri, che, per adeguare l'edificio alle loro specifiche esigenze, in più volte hanno operato modificazioni interne anche con opere provvisionali (tramezzi in truciolato, nuove aperture, chiusure dei vani).