Padre Pio a Montefusco
Nel convento di Sant’Egidio in Montefusco, dove Padre Pio soggiornò nel 1908, oggi campeggia una gigantesca foto del frate.
Un atto di devozione, nei confronti del religioso di Pietrelcina, in un ambiente che da sempre reca i segni della santità.
Il Convento di Sant’Egidio in Montefusco risale, secondo le più attendibili fonti storiche, al 1625. Fino al 1867 i frati della provincia napoletana dei Cappuccini vi svolsero intensa azione pastorale a vantaggio delle popolazioni della zona.
La scure della «soppressione» non risparmiò il convento. Dopo una parentesi, nella quale fu sotto la giurisdizione della provincia dei cappuccini di Foggia, fu riaperto il 5 novembre 1905.
Come in tutti
i conventi, si cercano nelle cronache redatte dai Padri le «presenze»
illustri fra i tanti ospiti oggetto del proverbiale senso di accoglienza
dei francescani.
Il giovane Frà Pio, non ancora dodicenne, dimorò a
Montefusco per qualche mese a partire dalla fine del novembre del 1908.
La malferma salute del giovane francesco Forgione aveva spinto i
superiori a farlo soggiornare nel centro irpino, rinomato per la
salubrità dell’aria.
Nel raccontare l’episodio, Padre Agostino da
Casacalenda - incaricato di accompagnare il novizio a Montefusco - così
scrive. «Era un bel giovane paffuto, dal viso roseo, che nulla lasciava
trapelare della malattia dalla quale era affetto. Portava un fazzoletto
di seta al collo che gli difendeva la gola. Da tutta la sua persona
spirava bontà e simpatia.»
Molti anni dopo Padre Pio ricordò il suo
soggiorno irpino e le caratteristiche delle sue sofferenze. «Il male
principale nella mia malattia era il fatto che apparentemente io non
dimostravo alcun male, per cui parecchi potevano dubitare che io
effettivamente soffrissi».
I Padri di Sant’Egidio, nella fausta ricorrenza della tanto attesa beatificazione, hanno sistemato nel piazzale del convento una gigantografia del Santo. Intanto è assolutamente singolare che, a quattro giorni dall’evento, il Postulatore della causa di canonizzazione di Teresa Manganiello - la giovinetta vissuta all’ombra del Convento - abbia depositato presso la Congregazione delle cause dei Santi la «Positio super virtutibus», momento decisivo nell’iter verso la santità.
Su entrambe le figure aleggia quella poderosa (e tutta da rivalutare) di Padre Ludovico Acernese da Pietradefusi che fu direttore spirituale della giovinetta e tra le figure più interessanti nella Stia dei Cappuccini del mezzoggiorno d’Italia.
L’osservatore Romano di venerdì 23 aprile 1999 riporta le autorevoli riflessioni del Cardinale Pietro Palazzini: «La Chiesa avrà sempre bisogno di penitenti, come Santa Veronica Giuliani, Padre Pio e tanti altri a cui la vita di Teresa assomiglia».
E non è evidentemente un caso che le Suore Francescane Immacolatine portano avanti con intelligente determinazione - e forti del contributo di ricercatore del professore Fausto Baldassarre - un impegno difficile e complesso. Non ci lasceremo prendere dalla tentazione di espressioni quali «Montefusco terra di Santi» ma non è peregrina la considerazione che una serie di segni che hanno nella Santità il loro denominatore comune possano essere colti sulle pendici del centro antico più illustre e, urbanisticamente, più tutelato d’Irpinia.
La poderosa struttura
del Convento di Montefusco vanta un passato illustre di Centro di Studi
teologici e filosofici. Fino a qualche decennio fa le celle della
vetusta struttura erano affollate di frati.
Oggi una sparuta
pattuglia di religiosi testimonia del suo passato ma c’è un gran
fermento nella zona, serpeggia un sano e legittimo orgoglio per il pur
piccolo posto che Montefusco intende ritagliarsi nella storia esaltante
di Padre Pio.
Passa in secondo piano un altro ospite illustre che soggiornò per un mese nel 1837, anche in questo caso per una convalescenza, quel Gioacchino Pecci - poi Leone XIII - che con la Rerum Novarum doveva ridisegnare la dottrina sociale della Chiesa riportandola al passo coi tempi.
Chi ha stabilito i luoghi del Giubileo Irpino avrebbe potuto utilmente e per tanti versi pensare a Montefusco, al suo Convento, ai segni di Santità che vi si rinvengono.
Ma, aldilà della ricorrenza giubilare, porre mano a una rivalutazione del patrimonio di fede di quei luoghi diventa un imperativo categorico.