Cosa visitare a Sant'Angelo a Scala.
Vuoi Trascorrere un Weekend a Santa Angelo a Scala ? Ecco qualche utile informazione storica e turistica.
Sant'Angelo a Scala, comune della provincia di Avellino, dista 12 chilometri dal capoluogo.
Si trova alle pendici del Monte Vallatrone e il caratteristico abitato si eleva a 560 metri in una splendida posizione che consente visite panoramiche ed escursioni naturalistiche.
L'economia del paese,prevalentemente agricola, può contare su una buona produzione di vini locali quali il Fiano e l'Aglianico; particolarmente abbondante è la produzione di olive, di castagne e di nocciole.
Un tempo era fiorente la produzione del legname da costruzione e del carbone che si aggiungeva all'antico commercio della neve che, ammassata in blocchi di ghiaccio, veniva venduta a Napoli e Avellino
Il paese riflette nel toponimo il culto di San Michele Arcangelo, diffuso dai longobardi in tutte le terre poste sotto il loro dominio.
La specificazione "a Scala" deriverebbe, secondo Finamore, dalla particolare morfologia dei monti che circondano il paese, mentre il Bascetta collega tale denominazione con la presenza di una ripida stradina in pietra che collegava il borgo a un'antica chiesa situata più a monte.
Nel periodo longobardo il comune era una grancia benedettina annessa alla Chiesa di San Michele Arcangelo. Nel XVII secolo accanto alla chiesa fu costruito il Monastero di San Silvestro. Più a valle sorgeva il borgo e, a difesa di questo, un castello dipendente dalla Contea di Avellino.
Nel 1112 il signore di Monteforte, Guglielmo Carbone, tentò di farne un possedimento indipendente, ma il re Ruggiero riuscì a recuperarlo affidandolo poi a Riccardo De Aquila, conte di Avellino.
Nel 1169 il feudo fu acquistato da Ruggiero de Farneto, signore di Altavilla e di Capriglia.
Nel corso degli anni, poi, il feudo passo di Signore i Signore.
Durante il periodo francese ne paese si verificarono vari episodi di
brigantaggio, il più famoso dei quali è legato alla vicenda del
Monastero dell'Incoronata, i cui monaci furono accusati di aver
concesso ospitalità al brigante Michele Pezza, detto Fra Diavolo.
Dopo l'Unità d'Italia, tra i ruderi del monastero, soppresso e abbandonato, si rifugiarono numerosi briganti insediati nella fascia del Partenio.