I cinefili avellinesi più attenti amano ricordare l’omaggio che il regista Ettore Scola, nato a Trevico in provincia di Avellino, dedicò a Camillo Marino.

Nato a Trevico in provincia di Avellino, Ettore Scola è stato uno degli ultimi maestri del cinema italiano, nato giornalista e via via sceneggiatore e regista.

Tra gli aneddoti e le storie che i cinefili avellinesi più attenti amano ricordare, c’è l’omaggio che il grande regista dedicò al nostro compianto Camillo Marino, il fondatore, insieme a Giacomo D’Onofrio, del Laceno d’Oro, Festival del Cinema Neorealista.

La passione di Camillo Marino per il cinema è stata magistralmente immortalata da Ettore Scola nel film “C’eravamo tanto amati” in cui il personaggio di Nicola Palumbo (professore di liceo campano, cinefilo ed ex partigiano), interpretato da Stefano Satta Flores, è dichiaratamente ispirato al cinefilo irpino.

C’eravamo tanto amati, è stato uno dei film chiave nel decifrare il rapporto tra la sinistra e il cinema italiano (c’era una volta il cinema, c’era una volta la sinistra) un memorabile esempio di commedia all’italiana di alta scuola che, percorrendo circa 30 anni di storia italiana ( dai giorni della lotta partigiana al 1975 passando per gli anni della ricostruzione, il boom, le lotte degli anni Settanta), via via rende omaggio a maestri del calibro di Vittorio De Sica, Federico Fellini, Michelangelo Antonioni, Roberto Rossellini e Alain Resnais.

In tutto questo s’inserisce la figura di Nicola, ispirata alla vita di Camillo Marino nato a Salerno nel 1925 da famiglia antifascista ebrea, una bandiera solitaria tra i critici cinematografici di quel tempo, vero custode del cinema neorealista, a cui Ettore Scola decise di rendere onore.

Tanti i tratti di Camillo Marino che hanno ispirato Ettore Scola.

Insegnante del liceo classico Giambattista Vico con velleità intellettuali,ex partigiano, Nicola è il responsabile del cineclub di Nocera Inferiore, qui dopo aver proiettato Ladri di Biciclette si ritrova a subire l’ostracismo della classe politica locale da sempre contraria ai film del neorealismo.

In una delle ultime scene di “C’eravamo tanto amati”, Nicola ha finalmente la possibilità di parlare con il grande Vittorio De Sica.

Dopo averlo idealmente inseguito per tutta la vita, anziché avvicinarlo per chiedergli qualcosa, si lascia andare a un’amara malinconia sul tempo perduto:

«E adesso cosa dovrei dirgli […] dovrei parlargli di illusioni, speranze, delusioni…credevamo di cambiare il mondo, invece il mondo ha cambiato noi…cose tristi, ammoscianti…per me e forse anche per lui».

Inizialmente nel progetto degli sceneggiatori del film, doveva esserci un solo protagonista, Camillo Marino alias Nicola, un professore di provincia entusiasta di Ladri di biciclette che abbandonava lavoro e famiglia per andare a Roma con l’obiettivo di conoscere Vittorio De Sica.