Sei vittima di bullismo sul lavoro? Vuoi capire se le azioni ricevute sono definibili come mobbing? Affrontiamo l’argomento con alcuni chiarimenti.
Il mondo è fatto anche di tante persone che possono renderci la vita un inferno. Spesso riconduciamo il concetto di “bullismo” al solo ambito scolastico, riferendoci a quei soggetti che vengono presi di mira da compagni sfrontati e senza scrupoli.
Ma questo fenomeno tocca ormai purtroppo qualsiasi ambito del vivere sociale e, anche se la terminologia può cambiare, il concetto alla base è il medesimo.
Nel mondo del lavoro, ad esempio, è conosciuto diffusamente con il termine “mobbing”, ma sempre di atti di bullismo si parla. Non sono pochi i casi denunciati per soprusi ricevuti da superiori o colleghi, in alcune circostanze conclusi con l’abbandono dell’impiego o, ancora peggio, con suicidi o problematiche legate ad ansia e stress cronici.
i tratta, ovviamente, di soluzioni radicali a cui ricorrono quei soggetti che non riescono a risolvere il problema da soli.
Oppure quando le dinamiche sono talmente profonde e gravi da non lasciare molte vie di scampo. Ma a volte, per venirne a capo, basta chiedere aiuto alla persona giusta o imparare a credere di più in se stessi e nei propri mezzi.
Cosa fa un bullo sul lavoro?
Dal punto di vista psicologico, un bullo gode nello screditare un’altra persona appositamente scelta perché bersaglio ideale per sentirsi superiore. Quindi agisce per provocare quella condizione di inferiorità che decreta interiormente un accrescimento personale di autostima. Insomma, un comportamento che è sinonimo di frustrazioni e spesso di complessi di inferiorità rispetto a qualcosa di indefinito nel mondo o proprio rispetto alla persona stessa.
Sul lavoro, sono diversi gli atteggiamenti che delineano un atto di bullismo. Gridare e umiliare pubblicamente, per godere del fatto di rovinare l’immagine percepita della vittima. Oberarla di lavoro in modo che gli incarichi che vengono assegnati non possano essere portati a termine.
Esercitare un controllo eccessivo sul lavoro della vittima dimostrando chiaramente di non fidarsi della sua capacità. Incolpare senza addurre le prove di ciò che viene detto. Non condividere informazioni importanti col “bersaglio”, tenendolo all’oscuro da opportunità e vantaggi professionali da cui potrebbe invece trarre benefici alla pari degli altri.
Fare commenti inadeguati sulla sua vita privata o su qualche altro aspetto che non ha nulla a che fare con il lavoro. Isolare la vittima sia dal punto di vista lavorativo sia da quello relazionale, diffondendo anche dicerie sul suo conto. Ecco alcuni dei comportamenti tossici in cui si può incorrere quando si ha a che fare con un bullo sul lavoro.
Come si può reagire a un bullo?
Analizzare la situazione.
Per affrontare nella maniera giusta la situazione, è necessario rimanere lucidi e obiettivi. Le dinamiche lavorative sono molto complesse e delicate, quindi meglio appurare i comportamenti per evitare fraintendimenti enormi. È necessario capire preventivamente se si tratta di fenomeni isolati, legati a un modo di fare consueto della persona, o di comportamenti consapevoli e continuativi.
Puoi aver equivocato la faccenda e aver dato eccessivo peso alle cose che ti sono state dette in un momento di rabbia. Fermati un attimo ad analizzare il quadro e, se non riesci a venirne a capo, chiedi aiuto a una terza persona fidata che può fornirti una lettura obiettiva e distaccata.
Sentirsi vittima è una prassi diffusa in ambito professionale, per questo è necessario capire se i comportamenti che ti hanno ferito possano effettivamente essere addebitati a un bullo da ufficio.
Una volta appurato il fatto che si tratta di bullismo, le strade sono due: affrontare il diretto interessato oppure parlarne con chi ti può aiutare.
Affrontare il nemico.
Serve non poca forza d’animo, ma mettere il colpevole di fronte al fatto compiuto e dimostrare quanto i suoi comportamenti ti facciano stare male potrebbero sortire risultati inaspettati. Non è da escludere che i bulli in questione non abbiano consapevolezza di quello che fanno o che considerino del tutto normale relazionarsi, in maniera aggressiva, con gli altri.
Affrontarli apertamente potrebbe rivelarsi la mossa giusta, soprattutto se dimostri di non essere poi così debole e vulnerabile come ritenuto.
Devi lavorare tantissimo su te stesso, dimostrando sicurezza nella tua persona e nelle tue capacità. Il tipico “pugno duro” che diventa necessario per l’autodifesa.
Anche i bulli più incalliti hanno una coscienza: un confronto onesto, sincero e molto razionale potrebbe essere l’arma per smontare alcune loro errate certezze. E accrescere la tua autostima.
Parlarne con chi ti può aiutare.
Ci sono casi in cui chiedere aiuto è la soluzione migliore, soprattutto quando ti rendi conto che non te la senti a parlarne personalmente nonostante tutte le buone intenzioni oppure che ti scontreresti con un muro espugnabile.
Nel caso di colleghi, puoi esporre il caso a un superiore, nel caso sia lui stesso la causa di tutto, meglio parlarne con un membro delle Risorse Umane oppure con un collega esperto.
Ma attenzione, ricorda sempre che quando muovi accuse nei confronti di qualcuno, devi essere in grado di dimostrare ciò che affermi. Meglio premunirsi di prove: mail minatorie, insulti alla presenza di testimoni.
La strategia è quella di cercare di trovarti il più possibile in situazioni condivise in modo da rendere l’atteggiamento in questione oggettivo non solo per te, ma anche per l’ambiente circostante.
Foto Copertina Yan Krukov by pexels
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