Tra le varie specialità che si praticano presso le scuole di danza di Tutta Italia c’è anche un’arte motoria (non chiamiamola “disciplina” perché troppo accademico come termine) che spopola soprattutto tra i più giovani.

Si tratta della break dance, americanissima di origine e universale di fama.

Se quanto parliamo di danza classica viene facile immaginarla nella sua essenza squisitamente accademica, schematica e rispettosa delle sue regole, quando parliamo di break dance cosa intendiamo?

Da molti punti di vista, esattamente del contrario.

Cos’è la break dance?

Diffusasi a livello globale dalla prima metà degli anni Ottanta, la break dance è considerata una delle più interessanti componenti dell’ampia cultura appartenente all’hip hop.

Il suo nome originario è “b-boying” o “breaking” e si è sviluppata all’interno delle comunità giovanili afro-americane e latinoamericane del quartiere newyorkese Bronx a partire dalla fine degli anni Sessanta.

Il termine fu coniato da dj Kool Herc adoperato per identificare quei ragazzi che ballavano scendendo “a terra” durante le sue feste musicali di strada degli inizi degli anni Settanta.

A partire dagli anni ottanta, quindi, la break dance si è gradualmente diffusa ovunque nel mondo, divenendo una vera e propria cultura oltre che uno stile di vita ben definito.

Si è evoluta di pari passo anche la sua tecnica, arricchendosi di movimenti e gesti sempre più spettacolari da lasciare gli spettatori a bocca aperta, oltre a un abbigliamento e a uno stile facilmente riconoscibili.

Nascendo in strada è impossibile quindi definirla “disciplina”, in quanto presuppone anche una spiccata dose di improvvisazione che nasce dalla libertà dei movimenti che interessano l’intero corpo.

Rappresenta piuttosto una forma di espressione di sé stessi e della propria personalità.

Una vera è propria cultura, movimento allo stato puro che prende spunto da varie altre specialità. Una commistione che affascina lo spettatore e che appassiona in maniera totale chi lo pratica.