Antoine Gaita, Villa Diamante e i suoi bianchi d’autore. Una storia che unisce passione, emozione e amore per un territorio, l’Irpinia.
Si è scritto tanto su di lui, sempre molto bene e a piena ragione. Il mondo dell’enologia irpina e non solo ha da subito adorato il suo Fiano di Avellino corredato da un’eccezionale ricchezza di aromi e sentori.
Tanto da renderlo uno dei più grandi interpreti di questo maestoso vitigno, elegante e longevo. “Il Signore del Fiano di Avellino”, “il più grande solista del Fiano di Avellino”, ecco come è sempre stato definito dalla stampa enologica come pure dalla gente comune Antoine Gaita, titolare di Villa Diamante, la cui prematura scomparsa ha destato diffusa emozione.
Chi lo ha conosciuto di persona ne ha ricordato l’instancabile e sincero attaccamento verso lo sconfinato universo dei vini, il suo essere pienamente un “vigneron-artigiano”, la voglia continua di mettersi in gioco valicando nuovi confini.
Una storia ricca di fascino la sua, che vale la pena ricordare perché dimostrazione di come la volontà e la passione vera consentano di raggiungere ambiti traguardi.
Nato e cresciuto in Belgio da una famiglia di emigranti irpini, ha iniziato lì a muovere i primi passi nel mondo del vino, educando il proprio palato soprattutto alla cultura enologica di stampo francese.
Poi il rientro in Italia, nella sua terra d’origine, avvenuto insieme a quello di Diamante, anche lei figlia di emigranti, divenuta poi sua moglie.
Risale al 1997 la decisione di aprire insieme una cantina “casalinga” in contrada Toppole nel territorio di Montefredane, poi divenuta la celebre azienda vitivinicola Villa Diamante.
Una bella e genuina realtà ispirata alla produzione biologica, che da subito si è saputa ritagliare uno proprio spazio e una propria considerazione.
E che ha raggiunto i circa quattro ettari di vigneto condotti in regime biologico certificato fin dal 2003, da cui hanno preso forma e sostanza dei bianchi apprezzati e riconosciuti da estimatori di vino e critica.
Soprattutto l’etichetta più nota e amata, il Fiano di Avellino Vigna della Congregazione, tra i primi cru irpini concepiti “alla maniera francese”.
E di cui già le prime annate 1997 e 1998 rappresentano ancora oggi egregia dimostrazione di freschezza ed energia, entrando a pieno titolo tra i più apprezzati vini Fiano di Avellino di sempre.
La rivoluzione dei suoi vini si lega proprio all’allungamento dei tempi di uscita del bianco, un anno dopo la vendemmia, esaltandone così, contro le tradizionali logiche, longevità e durata.
Profonda sensibilità unita a una buona dose di studio e sperimentazione hanno ispirato l’operato di Antoine Gaita, la cui storia sarà eternamente raccontata attraverso le sue bottiglie.
(Nella foto Antoine Gaita con la camicia a quadri è in compagnia dei vertici dell’AIS di Avellino Annito Abate, Franco Notarianni e Sabatino Randazzo durante un evento Slow Food)