I tragici fatti di Parigi hanno colpito molto anche i nostri bambini. Ecco cosa dire e come affrontare le paure dei nostri figli.
Parigi, la prestigiosa città ricca di fascino e di altissimo valore storico, culturale, artistico, tra le mete preferite del turismo mondiale, icona del romanticismo e simbolo di libertà, è stata ferocemente ed inaspettatamente ferita al “cuore”: rivoli di sangue innocente hanno macchiato le sue strade; i luoghi di ritrovo, destinati fino a poco prima ad accogliere le persone per intrattenerle con spettacoli e spensieratezza, si sono rivelati assurde trappole mortali; terrore, angoscia, sgomento hanno preso il sopravvento sulla popolazione parigina e dominano gli animi, senza lasciare spazio ad altro.
Questi ultimi terrificanti avvenimenti che hanno riguardato la meravigliosa capitale francese, sfregiata dagli atti di terrorismo, hanno colpito la popolazione mondiale, provocando un non indifferente turbamento, una sorta di “scossone” arrivato alle fondamenta e che ha suscitato un’ondata di disorientamento generale, lasciando tracce profonde in ognuno di noi, sensazioni di grave inquietudine e mille allarmanti interrogativi, nonché il dolore per un evento luttuoso di una portata inimmaginabile, che ha coinvolto centinaia di vittime.
Osservare le scene dei cadaveri sparsi, o trascinati via, ascoltare le urla registrate, i sospiri (forse gli ultimi), i pianti disperati di chi viveva interminabili momenti di terrore allo stato puro si è indubbiamente rilevata un’esperienza scioccante anche per chi ha svolto solo il ruolo marginale, comodo e scomodo al contempo, di “spettatore”, magari situato all’estremo opposto del globo terrestre.
Ciò che ha probabilmente sconvolto in misura maggiore è che il tutto sia accaduto non in luoghi simbolici (come nel caso dell’attacco alle Torri Gemelle del fatidico 11 settembre 2001), bensì in posti frequentati da tutti, in un giorno della settimana in cui si è soliti rilassarsi o godersi la vita, con l’intento di incontrarsi con gli altri per stare insieme e condividere le proprie passioni ed invece, in maniera incomprensibile, l’incontro è avvenuto con la morte.
Ecco: ciò che dei fatti di Parigi ha sconcertato l’essere umano è l’IMPONDERABILITA’, collegata all’assenza totale – almeno in casi del genere- del controllo, in un’epoca in cui tutto sembra, al contrario, illusoriamente controllabile e prevedibile.
E la sensazione più pregnante che serpeggia insidiosa ora tra la gente è l’impotenza: schiacciante ed ineludibile, pesa come un enorme macigno dentro ciascuno di noi.
E mentre sbigottiti cerchiamo delle risposte, arranchiamo nel trovare improbabili soluzioni, confusi e spaventati immaginiamo possibili rifugi (dovessimo trovarci nella stessa situazione…), ci ergiamo ad implacabili giudici per sentenziare ipotetiche condanne, sconfitti annaspiamo nell’aria per combattere un nemico che non è visibile o quantomeno non è facilmente individuabile.
Non mi riferisco solo al potenziale “terrorista” che potrebbe nascondersi tra di noi, ma all’angoscia di potere incontrare la morte ovunque, anche dietro l’angolo, ed alla paura dell’altro.
Ed è pur vero che ci sentiamo in pericolo perché i sistemi di sicurezza contro il terrorismo, adottati a livello planetario, si sono rivelati inefficaci, ma il pericolo più infido è la diffidenza che si impossesserà di noi lentamente: questa è l’ ulteriore sconveniente e dannosa conseguenza delle gravissime vicende accadute a Parigi.
Intanto l’essere umano si è trovato di fronte ad un’ineluttabile e scomoda verità: la morte non si può né prevedere né prevenire (per lo meno in maniera assoluta), e ciò terrorizza soprattutto l’uomo occidentale moderno, poco avvezzo a considerarsi “perituro”.
Inoltre, in quanto direttamente e “relativamente” responsabili della vita dei nostri figli, ci si sente indifesi e fortemente impreparati nel preservare non soltanto la loro incolumità, ma principalmente i loro sogni, il loro futuro e l’incanto, che dovrebbe permeare ed avvolgere la loro fanciullezza o giovinezza, ormai irrimediabilmente lacerato dopo la visione dell’imprevedibile mattanza.
E come spiegare loro l’ inusitata violenza, scoppiata in luoghi dove abitualmente ci si ritrova per divertirsi?
Come rassicurarli dalla paura che possa accadere a tutti noi, a tutti loro, in qualsiasi momento o posto ?
L’importante è aiutare loro a dare voce alle “apparentemente inesprimibili” emozioni suscitate dagli ultimi eventi: la paura va riconosciuta ed espressa, di modo che possa essere condivisa ed accolta.
E se noi adulti mostriamo loro che se ne può parlare, senza nasconderla o sminuirla, ma nemmeno ingigantirla, semplicemente ammettendone l’esistenza anche dentro di noi, aiutiamo i più piccoli e i più giovani a confrontarsi con essa, a darle un contorno ed un confine.
Identificarla e posizionarla di fronte a sé aiuterà tutti a saperla gestire.
Del resto, un genitore che ammette di aver paura e di sentirsi impotente di fronte ad accadimenti così terribili rimanda al figlio il senso di realtà, fondamentale per prendere atto di ciò che accade intorno a noi e per costruire strategie psichiche adeguate per affrontare le situazioni che di volta in volta si presentano nella vita.
Quindi, per concludere, in questo difficile momento storico vale la pena ritagliarsi degli spazi per “incontrarsi” con l’altro, tenendo a bada le ansie persecutorie e la soffocante angoscia di morte, che rischiano di creare l’isolamento: mai come in questo momento, come esseri umani, dobbiamo stringerci insieme per ascoltarci, per abbattere i pregiudizi, per scambiare “amore” e riscaldarci l’un l’altro, per credere ancora, nonostante la desolante e gelida prospettiva che attualmente sembrerebbe profilarsi all’orizzonte, nella nostra UMANITA’.
Voglio riportare , infine, la parole di Carlo Gubitosa che, nel suo blog su L’Espresso, scrive “Per reagire alla minaccia del terrorismo nel modo più efficace non c’è bisogno di controllare intere popolazioni con una occupazione militare (……) …. Sul fronte interno, invece, basterà stroncare ogni pulsione di odio etnico, razziale o sociale, ogni istinto di violenza armata, fisica e verbale, ogni degrado della nostra umanità. Restiamo uniti, restiamo umani, restiamo in piedi”
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La Dottoressa Marianna Patricelli è iscritta all’Ordine degli Psicologi della Campania n. 1428 ed è abilitata all’esercizio della psicoterapia.
Riceve per appuntamento ad Avellino in via Due Principati, n. 49 Telefono +39 3393157865
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