Per tutti ad Avellino è noto come il Palazzo Victor Hugo o, in alternativa, come la Casa della Cultura, espressione che si rafforzò nella memoria cittadina negli anni dell’amministrazione Di Nunno, che aveva visto in quel luogo la struttura ideale da destinare alla promozione della cultura in città.
Lì fu trasferito l’Archivio Storico, quasi a voler consolidare in quel luogo le radici della storia di Avellino.
Victor Hugo ed il palazzo di marmo di Avellino
Al palazzo è associato il nome di Victor Hugo in quanto tra il 1807 ed il 1808 le sue stanze ospitarono il colonnello Leopold Sigisbert Hugo, comandante militare della provincia di Avellino durante il Decennio Francese, che si fece raggiungere dalla moglie e dai figli, tra i quali appunto il piccolo Victor.
Una permanenza di pochi mesi quella del futuro romanziere e che, comunque, al di là dell’aneddotica, poco ha inciso sulla vita sociale e culturale della città.
Della casa avellinese in cui trascorse alcuni momenti della sua infanzia, Victor Hugo mantenne un ricordo nostalgico: “C’etait un palais de marbre …” dirà riferendosi al suo periodo italiano, ricordando gli anni della sua infanzia, quelli spensierati dell’innocenza.
Da Palazzo De Concillis a Palazzo Victor Hugo
A quel palazzo, che i più anziani non a caso ricordano come Palazzo De Conciliis, in realtà è legata la storia di una delle famiglie più influenti di Avellino, una storia a tratti struggente, con protagonista una nobildonna, Michela de Conciliis, che fu protagonista, nella seconda metà dell’Ottocento, della vita cittadina, in particolar modo nel campo della solidarietà e della cura dei più deboli.
Un’attenzione agli ultimi talmente forte che fa a dire ad Andrea Massaro, direttore onorario dell’Archivio Storico, che in fondo il nome Palazzo Victor Hugo, per indicare la struttura alle spalle del Duomo di Avellino, è quanto meno improprio.
Con Massaro abbiamo ricostruito la storia di quell’edificio.
“Alle spalle del Duomo di Avellino, in uno dei siti più antichi della città, la famiglia de Conciliis, sin dalla fine del Seicento aveva acquistato o costruito molti palazzi, tra i quali quello della Camera di Commercio, quello del vecchio ospedale e quello che oggi è chiamato appunto Palazzo Victor Hugo”.
Il palazzo fu costruito alla fine del XVII secolo da Luigi Maria de Conciliis, architetto e ricco proprietario del posto.
Dopo vari passaggi l’edificio pervenne agli inizi dell’Ottocento in eredità a don Felice de Conciliis, che aveva sposato Francesca Roca.
La storia di Michela de Conciliis
Nel 1833 la coppia ebbe una figlia, Michela, che per tutta la sua si batté per il sostegno agli ultimi e che legò il suo nome alle sorti del palazzo e del vicino ospedale.
“Donna bella, ricca e virtuosa, – racconta Andrea Massaro – all’età di 22 anni Michela sposò Francesco Antonio Rossi, brillante e ricco possidente di Lettere in provincia di Napoli.
Il matrimonio durò pochi anni. Rimasta vedova in giovane età, donna Michela sposò nel 1864, all’età di 31 anni, in seconde nozze il medico avellinese Enrico Amabile, molto più giovane di lei. Nuovamente vedova e senza figli, pensò bene di dedicarsi alla beneficenza.
Sofferente a causa di una grave malattia, con testamento olografo dispose che le sue proprietà, compreso il palazzo di Largo Ospedale, fossero assegnate all’Ospedale e che le rendite ricavate fossero destinate alle cure dei poveri”.
Michela de Conciliis morì il 28 ottobre 1903, all’età di 70 anni, e il testamento fu impugnato dagli eredi, con il Tribunale che, però, confermò la proprietà all’Ospedale.
“In un primo momento – continua il direttore onorario dell’Archivio Storico di Avellino – l’impressione fu che a spingere a donare le sostanze ai poveri fosse la suggestione dell’imminente fine, invece ho avuto la sorpresa di scovare un altro testamento, vergato nel 1865 (all’età di 32 anni) quando la nobildonna era nel fulgore della sua bellezza e in giovane età. In tale epoca la donna aveva predisposto analogo testamento a quello del 1902”.
In seguito nel palazzo trovarono asilo donne sole, ragazze madri, orfani e bimbi abbandonati, diventando così la Casa della Maternità.
Oggi, una lapide all’interno dell’edificio, ricorda il gesto di Michela de Conciliis, che sin dalla giovane età aveva destinato il suo Palazzo al sostegno dei poveri ricoverati nel vicino Ospedale.