Il 31 gennaio 2018 sono divenuti finalmente validi e stipulabili gli atti di ‘Disposizioni Anticipate di Trattamento’: si tratta di un risultato molto atteso dalla società civile.
La legge 219/2017 chiude un lungo percorso parlamentare caratterizzato da ampio e serrato dibattito sul diritto alla salute e sulla indisponibilità del bene ‘vita’, dibattito denso di implicazioni etiche, filosofiche, religiose e, prima ancora, antropologiche.
La materia in esame è dominata da un radicale conflitto culturale tra il valore della vita e quello della libertà personale, provocato anche da casi giudiziari portati a conoscenza dai media: si pensi ai vari casi Welby, Eluana Englaro e DJ Fabo, nonchè alle polemiche sulla sedazione palliativa profonda voluta da Marina Ripa di Meana.
Cosa cambia con l’entrata in vigore della nuova legge?
Lo abbiamo chiesto al Notaio Francesco Pastore, presidente del Consiglio Notarile di Avellino.
Notaio Pastore, in cosa consistono le Disposizioni Anticipate di Trattamento ?
L’art. 4 della detta legge dispone che “Ogni persona maggiorenne, capace di intendere e di volere, in previsione di una eventuale futura incapacità di autodeterminarsi può, attraverso disposizioni anticipate di trattamento (DAT), esprimere le proprie convinzioni e preferenze in materia di trattamenti sanitari, nonché il consenso o il rifiuto rispetto a scelte diagnostiche o terapeutiche e a singoli trattamenti sanitari, comprese le pratiche di nutrizione e idratazione artificiali, e può procedere alla nomina di un fiduciario che ne faccia le veci e la rappresenti in futuro nella relazione con il medico e con le strutture sanitarie.
Vale anche per i minori?
In caso di pazienti minori di età, il consenso è espresso o rifiutato dai genitori o dal tutore tenendo conto della volontà della persona minore, in relazione alla sua età e al suo grado di maturità e avendo come scopo la tutela della salute psicofisica e della vita del minore.
La persona minore o incapace ha diritto alla valorizzazione delle proprie capacità di comprensione e di decisione.
Deve ricevere informazioni sulle scelte relative alla propria salute in modo consono alle sue capacità, per essere messa nella condizione di esprimere la sua volontà.
E se il rappresentante legale rifiuta le cure proposte?
Nel caso in cui il rappresentante legale della persona interdetta o inabilitata o minore oppure l’amministratore di sostegno – in assenza delle disposizioni anticipate di trattamento – rifiuti le cure proposte e il medico ritenga invece che queste siano appropriate e necessarie, la decisione è rimessa al giudice tutelare.
Notaio Pastore, è giusto parlare anche di ‘testamento biologico’ o bio-testamento?
Con terminologia diffusa (ma non riproposta nel testo normativo), si parla al riguardo anche di “testamento biologico” o “bio-testamento” o, ancora “testamento di vita” (living will).
Ma sono espressioni non corrette sul piano tecnico-giuridico.
Perché?
La disposizione anticipata di fine vita, infatti, non è un atto mortis causa cui l’autore affidi la regolamentazione dei propri interessi per il tempo in cui avrà cessato di vivere; al contrario, essa integra una manifestazione di volontà destinata ad avere efficacia quando l’autore è ancora in vita, relativa alle cure cui lo stesso intende sottoporsi o non sottoporsi.
L’espressione “testamento biologico” è felice solo che si pensi all’ultrattività del volere rispetto alla capacità dell’autore, ultrattività tipica dei testamenti: trattasi di autodeterminazione individuale oltre la perdita della coscienza.
Questa ‘sacralità’ del volere esige che siano assicurate le condizioni per una libera e ponderata formazione della volontà.
La sacralità dell’espressione di un volere particolarmente importante per il fine vita giustifica la previsione dell’atto ricevuto o autenticato dal notaio ?
Il notaio, quale pubblico ufficiale cui l’ordinamento affida il compito di creare le condizioni per una libera e consapevole formazione del volere negoziale, è chiamato ad intervenire in un ambito quanto mai delicato e per molti versi inusuale, assicurando le condizioni di un volere relativo a “scelte esistenziali”.
Non a caso, l’intervento notarile è richiesto non per il consenso informato, non per la pianificazione condivisa delle cure, ma per raccogliere la volontà “ora per allora”, che dovrà essere attuata quando ormai la volontà è venuta meno (non per morte, ma per sopravvenuta incapacità ).
Il notaio assicura la provenienza della dichiarazione dal disponente, verifica che quella volontà sia resa da parte di soggetti capaci; invita l’autore a valutare a freddo gli effetti delle stesse pensando al momento del fine vita. Queste attività rientrano nel bagaglio tecnico della professione notarile.
Ma l’intervento del medico per il ‘consenso informato’ passa in secondo piano rispetto a quello del notaio ?
Direi proprio di no. L’art. 4 comma 1 individua nella adeguata informazione medica del paziente il presupposto indispensabile su cui si innestano le dichiarazioni anticipate di trattamento.
Il notaio dovrà, allora, verificare la preventiva acquisizione di informazioni congrue, anche richiamando o allegando documenti medici e persino, ma non necessariamente, facendo sottoscrivere la dichiarazione anche dal medico, giacché solo un volere consapevole consente la piena espressione del principio di autodeterminazione.
In definitiva, qual è il ruolo del notaio?
Il notaio suggella anche nel documento l’alleanza terapeutica tra il medico e il disponente.
Peraltro la normativa assegna al notariato un ruolo centrale anche se non esclusivo nella formazione e conservazione delle disposizioni in oggetto.
Per tali motivi si consiglia che le disposizioni non vengano ridotte ad una mera “scrittura privata consegnata dal disponente all’Ufficio dello stato civile di residenza: l’intervento del notaio crea affidamento sulla consapevolezza, libertà del volere, sul tempo della dichiarazione, particolarmente rilevanti al momento in cui dette disposizioni dovranno essere attuate.
Notaio Pastore, la domanda che molti si pongono è: ma tali atti sono costosi ?
Direi proprio di no: infatti il comma 6 dell’art. 4 della legge 219/2017 prevede che tali disposizioni siano esenti dall’obbligo della registrazione, dall’imposta di bollo e da qualsiasi tributo, imposta, diritto e tassa.
Il notaio informerà il disponente dell’obbligo di consegnare personalmente le disposizioni presso l’ufficio dello stato civile del Comune di residenza.
A tal proposito il notariato sta lavorando per firmare una convenzione con i Comuni, anche per il tramite della Provincia e se del caso della Regione, per attuare una pubblicità unica finalizzata alla conoscenza delle disposizioni anticipate di trattamento, finchè non venga istituito un Registro Generale DAT a livello nazionale, come attualmente avviene per il Registro Generale Testamenti.