La recessione in cui versa da svariati lustri la provincia di Avellino non ha arrestato un profondo mutamento nel tessuto economico e sociale che segna un trend comune anche al resto della nazione.

Quella che ancora qualche decennio fa si connotava come una provincia di emigranti si è andata trasformando nella terra in grado di ospitare un crescente flusso migratorio dai paesi meno sviluppati.

Parte di questi stranieri ha saputo realizzare un progetto di stabilità ed anche di ricchezza nel nostro paese ed inizia a rappresentare un segmento di rilievo in campo societario e nel settore degli investimenti immobiliari.

La legislazione statale si è nel contempo, sia pure gradualmente, adeguata a questo fenomeno mostrandosi più aperta all’accoglienza.

Abbiamo provato ad approfondire l’argomento con il notaio Paolo Criscuoli, che opera a Monteforte Irpino.

Notaio Criscuoli, le vicende degli ultimi tempi hanno riportato in auge la problematica dell’immigrazione e più in generale della regolamentazione dei rapporti con lo straniero. L’attività notarile impone di confrontarsi con queste tematiche?

“Prima di tutto tenderei a separare i più recenti fatti di cronaca dalla partecipazione degli stranieri alla realtà economica del paese. Gli atteggiamenti di chiusura di recente manifestati dalla classe dirigente riguardano il fenomeno dell’immigrazione “clandestina”.

Il diffuso sentimento di indisponibilità verso il migrante, purtroppo amplificato da un’interminabile crisi economica e dalla profonda incertezza nel futuro che accomuna gran parte della popolazione e in special modo le giovani generazioni, ha finito col generare anche certe forme di propaganda sterile, volta a celare le fallimentari politiche decennali in campo internazionale dei cosiddetti paesi capitalisti.

In altri termini, le democrazie occidentali hanno fino ad ora rinunziato su tutta la linea ad ogni politica volta a creare una reale redistribuzione della ricchezza ed a migliorare le condizioni di sviluppo economico soprattutto nei confronti paesi del terzo mondo”.

Ed in Italia cosa accade?

“La società italiana è fortemente mutata rispetto al passato, l’apertura delle frontiere verso i paesi aderenti alla Comunità Europea e alcuni aspetti del fenomeno della cosiddetta globalizzazione hanno innescato una serie di meccanismi in conseguenza dei quali il diritto civile e commerciale ha attraversato una rapida evoluzione ed un’opera di omogeneizzazione con la legislazione degli altri paesi.

In campo societario e non solo, per fare qualche esempio, abbiamo “importato” tutta una serie di istituti giuridici che hanno riscontrato alterne fortune, a partire dalle società unipersonali, alle operazioni di fusione e scissione, alle trasformazioni anche eterogenee, al trust ed ai vincoli di destinazione, per rendere il nostro sistema giuridico concorrenziale anche sotto il profilo della normativa applicabile con quello degli altri paesi occidentali. L’aspetto giuridico-economico di certe vicende si distanzia da quello prettamente propagandistico e gode, se vogliamo, di una prospettiva più pragmatica perché mira alla soluzione di problematiche attuali e concrete”.

L’attività notarile non è soltanto supporto all’imprenditoria, sono molte le famiglie stabilitesi in Italia da generazioni che oggi si rivolgono al notaio per l’acquisto della casa di abitazione e la stipula del contratto di mutuo?

“Certamente si. Si tratta di un fenomeno in costante crescita, anche in una provincia povera di opportunità lavorative come la nostra. Lo straniero, sia esso comunitario o extra-comunitario, ha saputo costruire ricchezze e le condizioni di una più che dignitosa stabilità famigliare.

Una buona parte delle persone che sono immigrate, anche nella provincia di Avellino, ha fatto e farà la scelta di stabilizzarsi e, di conseguenza, ha optato e opterà per l’acquisto delle mura domestiche come primo vero passo verso un legame definitivo con questa terra. Ciò implica una costante attenzione per l’operatore giuridico e per il notaio in particolare verso una serie di tematiche in passato trascurate o quasi del tutto ignorate”.

Ci faccia degli esempi. Quali sono le problematiche immediate da affrontare in caso di contrattazione con uno straniero?

“Per prima cosa occorre valutare che la persona priva di cittadinanza italiana possa, secondo il nostro ordinamento giuridico, validamente esercitare diritti di natura patrimoniale, possa, cioè, rendersi acquirente di beni, di quote o azioni di società, o ricoprire incarichi societari. In passato l’unico criterio utilizzabile a questo fine era quello della cosiddetta “reciprocità”.

Il cittadino straniero poteva godere dei diritti civili che lo stato italiano riconosce ai propri cittadini a condizione che il suo paese di provenienza riconoscesse del pari al cittadino italiano diritti identici o similari.

Alla base di questo principio era stata tradizionalmente individuata una forma di autotutela (o ritorsione) statuale nei confronti della nazione d’appartenenza dello straniero, per i casi in cui difettasse un eguale trattamento in favore degli italiani emigrati all’estero.

Nel corso del tempo, però, la reciprocità è stata considerata come una sorta di invito agli Stati per fare in modo che aprissero le loro legislazioni al cittadino italiano, laddove questi stati avessero voluto che nel nostro paese si facesse altrettanto.

Oggi il sistema è di gran lunga progredito, tanto ciò è vero che il criterio della reciprocità viene considerato come un elemento di valutazione del tutto residuale”.

In che senso residuale?

“Intendo dire che si tratta dell’ultimo dei criteri da valutare. Del resto, nei rapporti tra Stati non c’è più alcuna forma di contrapposizione, ma prevale l’apertura, la tendenziale libertà dei traffici economici, quindi, anche nel riconoscimento dei diritti si assiste ad una costante trasformazione”.

In cosa consiste questa trasformazione?

Per iniziare, mi soffermerei sui c.d. diritti “inviolabili”. Per questa categoria di diritti, secondo l’ormai costante indirizzo della giurisprudenza di legittimità, è sempre consentito ai non cittadini accedere ad ogni forma di tutela, perché si tratta di diritti riconosciuti all’essere umano in quanto tale e non in quanto cittadino di uno Stato.

Per quanto diffusa ed eterogenea sia la casistica giurisprudenziale in materia, sono considerati inviolabili: il diritto alla vita, alla salute, all’incolumità ed all’integrità psicofisica e più in generale tutti quei diritti che la Costituzione garantisce in via diretta”.

E per quanto riguarda invece i cosiddetti diritti “economici”?

“Qui il discorso si fa più articolato. Non sono sottoposti alle limitazioni derivanti dalla reciprocità i cittadini dell’Unione Europea sulla base del “Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea”.

Equiparati ai cittadini UE sono inoltre i cittadini dei Paesi E.F.T.A. (European Free Trade Agreement), in base all’Accordo sullo Spazio Economico Europeo (SEE), che pure sancisce il principio di libertà di stabilimento per i cittadini di tutti i Paesi partecipanti.

Costoro possono esercitare gli stessi diritti del cittadino italiano.

Inoltre, non c’è bisogno di valutare la condizione di reciprocità rispetto agli apolidi, secondo quanto previsto dall’art. 18 della Convenzione relativa allo status di apolide, adottata a New York nel 1954 o ai rifugiati, in virtù della Convenzione di Ginevra del 1951, purché regolarmente residenti in Italia da almeno tre anni”.

E per i Paesi che hanno concluso accordi con l’Italia?

“Nessun riscontro in ordine alla reciprocità deve farsi, inoltre, per quei Paesi che abbiano concluso accordi – non di generica collaborazione – con il nostro Paese. Laddove questo primo riscontro fornisse esito negativo, occorrerà valutare se lo straniero sia munito di permesso di soggiorno o carta di soggiorno.

Secondo la normativa vigente, lo straniero regolarmente soggiornante nel territorio dello Stato gode dei diritti in materia civile attribuiti al cittadino italiano.

Soltanto negli altri casi, e da ciò quindi la residualità, occorre che l’operatore valuti la legislazione straniera per comprendere, ad esempio, se un cittadino italiano, in un certo Paese, possa svolgere analoga attività economica”.

Cosa accade se il riscontro risulta essere positivo?

“In caso di esito positivo di tale accertamento, il cittadino di quel Paese potrà concludere analogo affare nel nostro.

Il tipo di raffronto non potrà che essere “generico”. Non si può ipotizzare infatti la necessità di una sovrapposizione integrale tra i diritti riconosciuti all’italiano all’estero e quelli che il nostro Stato è disposto a riconoscere allo straniero.

In alcuni sistemi, infatti, gli ordinamenti giuridici presentano imponderabili differenze rispetto al nostro, che renderebbero pressoché impossibile un tale tipo di confronto. Si consideri, ad esempio, che alcune legislazioni estere potrebbero non conoscere talune forme societarie, oppure alcune tipologie di diritti o di contratti”.

C’è da immaginare che altro problema possa essere quello di consentire allo straniero di comprendere a pieno il contenuto del contratto nonostante, ad esempio, si esprima in altra lingua. Anche in questo si registrano delle evoluzioni?

“La maggior parte degli stranieri che investono in Italia e partitamente nella provincia di Avellino ha maturato una discreta conoscenza della lingua italiana, di conseguenza il problema è meno frequente di quanto si possa credere.

Restando alle operazioni economiche più importanti per le quali viene prescelta la forma notarile, non è possibile parlare di evoluzione del dettato normativo atteso che, nell’impianto della legge notarile, che sia pure variamente modificata nel corso degli anni risale al 1913, esistono già norme che tutelano lo straniero e più in generale colui che non conosca la lingua italiana attraverso l’obbligo di nomina di un interprete e di redazione dell’atto pubblico con unita la relativa traduzione da leggere alle parti anche per mezzo dell’interprete.

Beninteso si tratta di un sistema che richiede qualche tecnicismo in più, ma resta privo di particolari formalismi, se si considera ad esempio che l’interprete dev’essere indicato dalle stesse parti e non dal Tribunale come accade in altre ipotesi”.

Quali sono allora, oltre alla valutazione della “regolarità” o meno dello straniero in Italia, le problematiche da tenere in considerazione?

“Le problematiche sono tantissime e in costante evoluzione, quindi, mi consenta di dire che l’economia di questo scritto non permette ovviamente un’indagine compiuta ed esaustiva. Se dovessi individuare, sia pure al solo fine di elencarli, qualche elemento di criticità, potrei segnalare le difficoltà che s’incontrano in caso di provenienza di documenti dall’estero, come ad esempio certificazioni o più ancora di procure.

Oppure le problematiche correlate all’esatta individuazione delle norme di diritto di famiglia applicabili in caso di coniugi aventi cittadinanze differenti”.

Ci dica sinteticamente a cosa stare più attenti per esempio in tema di deleghe?

“La valutazione sulla validità di una procura rilasciata all’estero, sotto l’aspetto squisitamente formale, deve essere condotta in base della normativa del paese in cui viene redatta.

Tuttavia, per poter essere utilizzato nel nostro paese, il documento che contiene la delega dovrà essere munito di legalizzazione oppure di “apostille”, laddove il Paese di provenienza abbia sottoscritto la convenzione internazionale dell’Aja del 5 ottobre 1961, che ha abolito tra i paesi aderenti l’obbligo di legalizzazione degli atti pubblici stranieri (l’Italia vi ha aderito sin dagli anni sessanta)”.

Cosa si intende per apostille?

“L’apostille è una certificazione annotata sull’originale del documento straniero, con la quale un’autorità a ciò deputata nello Stato di provenienza del documento testimonia che il pubblico ufficiale che ha redatto l’atto o vi ha autenticato le firme aveva, secondo la normativa di quel Paese, l’autorità per farlo.

Senza questo riconoscimento, salvo che per alcuni stati che hanno concluso con l’Italia altri accordi internazionali che prevedono la rimozione di ogni forma di controllo al riguardo, il documento, benché valido, non potrà essere utilizzato.

Altro obbligo per chi intenda utilizzare un documento straniero nel nostro paese è il deposito presso un notaio o presso un archivio notarile e la sua traduzione in lingua italiana. Per le procure, però, l’onere di deposito è assolto con l’allegazione all’atto notarile, contestualmente alla quale il notaio, per conto dell’interessato, provvederà se del caso anche a “regolarizzare” il documento sotto l’aspetto fiscale”.

Cosa attenderci per il futuro prossimo?

“Il notariato latino e in particolar modo quello italiano è attivo da oltre un secolo su questi aspetti e ha da sempre rappresentato l’unico strumento per superare gli steccati che talora ostacolano i traffici economici, in special modo per quanto concerne le difficoltà che talora possono insorgere nel far incontrare domanda e offerta tra cittadini aventi diverse culture e cittadinanze.

Alcuni settori, specialmente in campo europeo, devono nondimeno essere implementati. Un sistema economico maturo e internazionale postula una più stretta collaborazione tra Stati proprio negli aspetti che si pongono quotidianamente all’attenzione degli operatori economici, mira a ridurre gli spazi d’incertezza ed assicura e garantisce la rapidità dei traffici, soltanto se coniugata alla loro sicurezza ed affidabilità”.

Per esempio?

“Penso alla lotta al riciclaggio, che non può essere più condotta soltanto con lo sguardo alle dinamiche interne e che richiede l’abolizione di quelle forme societarie che talora, all’estero, consentono la circolazione di capitali anche ragguardevoli senza alcuna forma di controllo.

Mi riferisco anche ad una più efficace e rapida circolazione dei flussi informativi, con la creazione di un Registro delle Imprese Europeo, oppure alla rapida e sicura consultabilità dei Registri degli stati della Comunità Europea da parte dei notai di ogni paese aderente, sistema oggi soltanto accennato per alcuni stati membri e da ottimizzare.

Oppure a un sistema di interscambio della documentazione con modalità digitali tra i notariati dei vari Paesi”.

Non bisogna però trascurare le problematiche connesse alla digitalizzazione.

“Sicuramente occorre tenere in considerazione la vera e propria sfida costituita dalle cripto-valute, laddove si dovesse diffondere un loro utilizzo finalizzato non soltanto a indebiti risparmi d’imposta.

La digitalizzazione, del resto, ha visto il notariato aprire la strada al titolo digitale con almeno un decennio d’anticipo rispetto alla sua diffusione anche in altri settori.

Il processo di armonizzazione dei sistemi giuridici e di collaborazione economica con gli altri paesi è ancora agli albori e potrebbe essere implementato a vantaggio dell’intero sistema soltanto se si decidesse di governarlo attraverso poche e semplici riforme organiche, concordate anche con gli altri paesi europei e non subìte”.

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