Se il 2020 è stato un annus horribilis per l’economia italiana, non fa eccezione uno dei settori di eccellenza dell’agricoltura che sta attraversando un periodo difficile: la produzione di olio d’oliva. A dicembre 2020 la Coldiretti ha lanciato l’allarme segnalando che la produzione nazionale è crollata del 30% nell’ultimo anno, un dato che tradotto significa perdite per centinaia di migliaia di euro per le aziende italiane. Il dato è preoccupante se consideriamo l’aumento del 9,5% degli acquisti dei consumatori durante il primo lockdown e l’annata positiva della Spagna, due tra i principali concorrenti dell’olio italiano. A influire sul calo della produzione Made in Italy non sono stati solo gli effetti della pandemia – con il calo del turismo e la difficoltà nella logistica – ma anche la siccità e il ritorno negli uliveti pugliesi della Xylella Fastidiosa, il batterio che negli ultimi anni ha decimato gli ulivi del Salento e fatto crollare la produzione nella regione.
A preoccupare i produttori di olio italiano non è solo la crisi ma anche la posizione che l’Unione Europea si appresta a prendere con la prossima decisione della Commissione sulle etichette alimentari. Tra le varie proposte di etichettatura c’è anche il Nutri-score: un sistema che assegnerebbe all’olio d’oliva il colore giallo e la lettera C, ovvero un grado di salubrità pari a quello di una bibita gassata. Questo dettaglio grafico sulle confezioni di olio che potrebbe influire sulla produzione delle 400 mila aziende collocate lungo tutto lo stivale, in particolare nella zona del Mezzogiorno, che oggi più che mai sono chiamate a far sentire la propria voce. Si tratta infatti di una battaglia politica importantissima che contiene al suo interno il significato stesso della politica agricola europea: la difesa e la salvaguardia dei prodotti di eccellenza di cui i produttori italiani di olio italiano rappresentano il fiore all’occhiello.
Il paradosso del Nutri-score
La decisione della Commissione Europea di volersi orientare verso una sola etichetta nutrizionale a livello europeo entro la fine del 2022 fa parte della strategia Farm to Fork, che ha l’obiettivo di armonizzare la comunicazione nel mercato alimentare europeo. La proposta del Nutri-score introdotto in Francia nel 2017 – ma utilizzato anche in Germania, Spagna e Belgio – usa un sistema “a semaforo” per catalogare gli alimenti (dalla A su sfondo verde, fino alla E su sfondo rosso, passando per una serie di gradazioni) in base alla salubrità del prodotto. L’obiettivo è quello di comunicare al consumatore i cibi più sani attraverso la chiara associazione mentale di “verde uguale buono” fino a “rosso uguale da evitare”.
Il problema sta nel fatto che il voto viene assegnato in base alla quantità di grassi e zuccheri che contiene su un valore di riferimento su 100 grammi o 100 millilitri creando dei paradossi come per l’olio d’oliva che otterrebbe solamente una C per l’alta concentrazione di grassi. Nutri-score non prende in considerazione il fatto che nessuno consumerebbe in un sola giornata una confezione di olio di oliva pari a 100 millilitri, e che invece i benefici derivanti dal suo consumo in quantità moderata sono provati da ricerche effettuate sulla dieta mediterranea, elogiata per le sue caratteristiche nutrizionali e per un’impronta ecologica del 40% inferiore rispetto a quella di regimi alimentari simili. Inoltre questo sistema di etichettatura equipara prodotti di qualità molto diversa: l’olio italiano è un prodotto di eccellenza e questo non viene riportato in nessun modo sull’etichetta.
Secondo l’eurodeputato italiano Herbert Dorfmann, il Nutri-score rischia di promuovere cibi spazzatura prodotti con ricette industriali – in cui ad esempio lo zucchero viene sostituito dall’edulcorante – sfavorendo i piccoli produttori artigianali e ricette che non possono essere cambiate come quella del Parmigiano Reggiano o del Prosciutto di Parma. Le aziende italiane quindi sarebbero tra le più penalizzate tra i produttori di oli commercializzati nell’Unione Europea e per questo negli ultimi mesi la battaglia sull’etichettatura sta entrando nel dibattito politico.
La battaglia politica per la protezione del Made in Italy
A livello Europeo, il fronte costituito dall’Italia insieme a Repubblica Ceca, Grecia e altri paesi ha bloccato il processo di approvazione del Nutri-score che la Germania sperava di ottenere entro dicembre durante il Consiglio Agricoltura e Pesca europeo. Si tratta di una buona notizia per i produttori di olio italiani, in quanto darà tempo al governo italiano di raccogliere dati sul Nutrinform, un sistema di etichettatura alternativo proposto e adottato in Italia dalla Ministra dell’agricoltura Teresa Bellanova. “Non siamo d’accordo con il Nutri-score, non riteniamo si debbano individuare degli alimenti come lo zucchero e il sale per mettere il bollino rosso ai prodotti, riteniamo che sia più utile insistere maggiormente sulla dieta mediterranea e quindi sulla giusta quantità del consumo alimentare” ha detto Bellanova schierata al fianco dei produttori d’olio italiani insieme a Coldiretti e altre associazioni di categoria.
Dal 23 dicembre però c’è uno strumento in più per portare avanti la battaglia a favore dell’olio Made In Italy: la commissione ha infatti pubblicato un portale online che invita direttamente produttori ed esperti del settore a lasciare il proprio feedback sulle diverse proposte di etichettatura. Il portale è molto semplice da usare e sarà attivo fino al 3 febbraio 2021: mette a disposizione un documento informativo e una sezione dedicata ai feedback. I pareri raccolti saranno esaminati e presi in considerazione nei futuri dibattiti. Si tratta, quindi, di un’opportunità importante per i produttori italiani che possono far pesare il numero delle voci dietro alla produzione di olio rispetto alle grandi corporation internazionali del cibo.
Almeno la questione dell’etichettatura degli alimenti è un problema su cui coltivatori e produttori possono fare qualcosa tramite la consulenza, a differenza di Covid e Xylella.