Le Sagre in Italia sono gli eventi estivi enogastronomici per eccellenza. Promuovono il territorio italiano e le sue eccellenze. Ma spesso nascondono insidie. Ecco quelle da evitare.

Ogni paese ne ha almeno una. Anzi no. Di più. Ogni frazione, borgo, rione, gruppo di case sparse ha la sua. Che come minimo è tradizionale, quando non ha ancora conquistato l’appellativo di storica.

Stiamo parlando delle Sagre, elemento caratterizzante dell’estate enogastronomica italiana.

Non c’è bella stagione che non sia accompagnata dalle più o meno grandi feste paesane che, ancora nell’anno di grazia del Signore 2022, sono sinonimo di coinvolgimento, divertimento, balli, musica. E ovviamente gastronomia.

Alcune di queste kermesse che aiutano a rendere più piacevoli (e fresche) le calde serate estive si sono conquistate nel tempo un preciso posizionamento nella hit del tempo libero, grazie alla unicità, alla esclusività, alla proposta e all’aggregazione.

Veri e propri eventi che richiamano migliaia di persone provenienti da ogni dove.

Come non pensare ad esempio alle eccellenti manifestazioni eno-gastronomiche ed artistiche che si svolgono in ogni regione italiana, tutti appuntamenti, molto apprezzati dal pubblico, che mettono bene in evidenza quelle che sono le tipicità locali.

Ma tante, forse troppe, sono le Sagre di cui si farebbe volentieri a meno.

Perchè non hanno nulla da proporre, non hanno nulla di tradizionale e altro non sono che una triste e goffa imitazione delle peggiori feste, un vero e proprio inno ai luoghi comuni che, di norma, irritano noi meridionali.

Ma quali sono quelle veramente da evitare?

Ecco un vademecum tra il serio ed il faceto per evitare quelle che nulla hanno a che fare con la tradizione.

La sagra del Primo, Secondo, Contorno, Frutta…

Una Sagra che ambisce ad attirare pubblico è innanzitutto un omaggio ad un prodotto, un piatto, una pietanza che ha un forte legame con il territorio.

La Sagra del Tartufo Nero di Bagnoli ? Mi attira e non poco (e come me, sono attirate decine di migliaia di persone non a caso) grazie dell’eccellenza dei prodotti e ad una eccellente organizzazione.

Ma quando leggo della Sagra della pasta e fagioli, agnello al forno con patate, insalata mista, diplomatica e Fernet bè, qualche dubbio dovrebbe sorgere.

Non è che mi stanno propinando gli avanzi del pranzo nuziale del figlio dell’assessore?

Prima edizione della storica Sagra del Dattero in montagna.

E’ vero, le Sagre più frequentate sono quelle che hanno una storicità. Naturalmente l’età non è garanzia di successo se non abbinata alla qualità della proposta.

Però è un fatto che quando si legge che si tratta di un evento con più lustri di vita (se scritto con numeri romani, meglio ancora) viene da pensare che se dura da tanto ci sarà qualcosa di buono!

Personalmente, diffido di chi, alla prima esperienza, arricchisce spot e manifesti con attributi del tipo “storica”, “tradizionale”, “imperdibile”.

Ci sento puzza di bruciato. E non è detto che a bruciare siano le salsicce sulla brace…

La Sagra della Frittura di Paranza di Pincopallino.

Come dicevamo, una Sagra che si rispetti, per avere un effetto promozionale del territorio deve essere una grande festa che esprima tutto il suo legame con la cultura, gli usi, le espressioni di quel territorio.

Se mi invitano alla Sagra della Frittura di Paranza a Pincopallino Irpino, a 823 metri sul livello del mare, forse è il caso, prima di impostare il navigatore, di farmi qualche domanda.

In passato ci sono stati esempi eclatanti anche in città: indimenticabile la Sagra delle Farfalle al Salmone di Avellino in cui, ovviamente, servivano piatti tipici locali…

Gli “allietatori” delle Sagre.

Se vi è andata bene con il cibo e con il vino, non è detto che l’esperienza possa dirsi pienamente riuscita. Ogni Sagra che si rispetti ha sempre uno o più gruppi musicali che “allieteranno le serate”.

E qui, si corre un bel rischio. Perchè l’eventualità che l’ospite d’eccezione che farà ballare sulle sue note sia nientepopodimenoche il cognato del celebre batterista Parascandolo che accompagnò in tournée negli anni ’70 il famosissimo Gennarino Savastano è dietro l’angolo.

Sagre gourmet e panini stellati.

Quando ci si imbatte in una delle Sagre improbabili, oltre alla delusione dovuta alla qualità della proposta gastronomica e artistica, la sorpresa delle sorprese arriva dopo avere ordinato.

L’idea di fondo, quando ci si reca ad una Sagra, è che si trascorrerà una serata all’aria aperta, degustando pietanze genuine (?) ma soprattutto spendendo poco.

E qui, arriva il bello.

Perchè dopo aver letto il menù ed aver scelto un piatto di penne all’arrabbiata, una salsiccia alla brace, l’immancabile caciocavallo impiccato, un bicchiere di vino ed una fetta di torta della nonna, scopri che se fossi andato in un ristorante stellato probabilmente avresti mangiato di più e speso di meno!

Code a tratti e liste d’attesa tra la cassa e il distributore.

Ma diciamoci la verità: il vero incubo delle Sagre sono le code ed i tempi d’attesa.

Si comincia già all’arrivo. Sul volantino verde acqua che hai conservato per le indicazioni, c’è scritto ad inchiostro nero e caratteri cubitali “ampio parcheggio gratuito”. Che se ti va bene si trova a 12 km dalla piazza del paese. Sarà per far aumentare la fame.

Giunti sul luogo della festa inizia la fase più complessa: la fila alla cassa. O, meglio, alle casse. Perché ce n’è una per la pasta, una per la salsiccia, una per il vino. Dopo ore di processione, sarai in possesso di almeno tre tagliandini numerati di colore diverso.

E dovrai recarti in altrettante postazioni, di solito distanti tra loro tra i 600 e gli 800 metri, per recuperare ciò che hai ordinato.

Ovviamente, a volte c’è da attendere in fila, perchè i panini da farcire con la salsiccia sono ultimati ed il forno di Peppe (che ha boicottato la Sagra) è chiuso.

Ma se ti accontenti di due fette di pancarrè…