“Non amo affatto la parola tolleranza, ma non ho trovate di migliori”. Gandhi
I recenti fatti di Parigi hanno sicuramente turbato e sconvolto ciascuno di noi, le paure nascoste sotto una coltre di perbenismo e di lontananza fisica e geografica, dai luoghi del Terrore, sono riemerse prepotenti, spingendoci come accade in questi casi a delle reazioni ingestibili, volgari, sconsiderate.
Non voglio entrare nel merito delle questioni, così tanto più grandi di me, così storicamente e politicamente complesse, eterogenee, spesse, fatte di eventi lontani nel tempo, che ci conducono alla colonizzazione ed alle barbarie, ma vorrei soffermarmi solo qualche istante su quanto è esploso sui social e nei mezzi di comunicazione.
Si ha la sensazione di trovarsi in una sorta di corto circuito di cui sconosciuti sono gli effetti, immersi in un mare di blob che travolge tutto rapido e senza un perché preciso.
Parole e scritti, immagini, perversioni tutte scaricate in pasto alle masse senza un nesso logico, senza una finalità che non sia quella di un bieco interesse personale, legato all’affermazione politica di un qualche gruppo di estremisti senza alcuna dignità o decoro.
Schiavi di una eterna campagna elettorale che si alimenta dei nostri bassi istinti e delle paure ancestrali legate alla tutela del territorio e della roba, che poveri innocenti in fuga da violenza e guerra minacciano.
E sono questi poveri a cui bisogna chiudere le frontiere a cui bisogna impedire l’ingresso nelle nostre scatole di cartone, rei di essere terroristi senza volto e senza identità, sono loro il pericolo da stanare e distruggere senza pietà, attraverso qualsiasi strumento o mezzo, senza lasciare loro possibilità di scampo.
Ed allora si recupera dalle librerie polverose consentendole un fugace passaggio sui social, che tutto consumano e fraintendono, il pensiero della Fallaci, che tutto sapeva e che tutto aveva previsto, ma che fu scacciata per la sua follia cieca e sorda a qualsiasi umanità.
Ma ti fermi un attimo e ti accorgi della superficialità di questa lettura, che sa di un caffè troppo corto, di acqua che non disseta, di un bignami studiato di fretta.
Nessuno nega la complessità di coesistenza tra diversi visioni del mondo, della necessità di questi popoli di abbandonare la teocrazia ed abbracciare la democrazia, di lasciarsi abbracciare e farsi integrare in civiltà lontane e sconosciute, preservando la bellezza intima della storia e del pensiero religioso, ma nessuno può arrogarsi il diritto di negare l’umanità che è base di ogni società che voglia dirsi evoluta e civile.
Ma si, chiudiamo le frontiere, alziamo muri altissimi, circondiamoli di filo spinato, rifuggiamo dalle differenze, insegniamo ai nostri figli che l’odio è la sola speranza, e che non devono suonare pianoforti e violini, ma imparare ad imbracciare fucili, con cui far fuoco sui fratelli.
E non accetto che qualcuno dica che la mia è una visione buonista, di sinistra, di chi non capisce le esigenze, i bisogni, di chi non ha visto un figlio morire per mano di un uomo a viso coperto, no, non lo accetto.
Io ho pianto mentre con il televisore privo di audio guardavo le immagini scorrere sul mio televisore venerdì notte, di un pianto silenzioso e muto di chi però si vergogna perché consapevole che vive in qualche modo nella parte buona e bella del mondo e, però piango anche quando le immagini degli innocenti uccisi in Siria compaiono ai Telegiornali, perché non esistono morti di serie A, e morti di serie B, non esistono giovani in questa parte del mondo che possono sognare e sperare e giovani in quella parte del mondo che devono sperare di riuscire a sopravvivere un altro giorno.
Ed allora come una folle quando domenica sera al Teatro Gesualdo a bocca chiusa i musicisti hanno intonato la marsigliese, con il cuore colmo mi sono ricordata di quelle piccole parole: libertè egalitè e fraternitè, perché non vi è pace e tolleranza senza eguaglianza e giustizia sociale, e che in fondo non è così difficile, basta costruire un mondo fatto di bellezza, e che lì, solo lì risiede ogni speranza.
“Che cos’è la tolleranza? È la prerogativa dell’umanità. Siamo tutti impastati di debolezze e di errori; perdoniamoci reciprocamente le nostre sciocchezze: questa è la prima legge di natura”.
(Voltaire)
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