L’urologo Gianfranco Testa indica quali sono le principali disfunzioni e gli esami diagnostici da fare per prevenire l’insorgere del cancro alla prostata.
E’ una delle più diffuse malattie che colpiscono gli uomini oltre i 50 anni. Secondo le statistiche più recenti, il cancro alla prostata è diffuso nel 20% degli uomini che si ammalano di tumore e, in Italia, colpisce un uomo su 8.
Insomma, una malattia a larga diffusione ma che, specie se diagnosticata tempestivamente, dimostra un basso tasso di mortalità.
Cosa fare per prevenire il cancro alla prostata?
Abbiamo chiesto lumi ad uno dei massimi esperti del settore, il professor Gianfranco Testa, urologo, a lungo Direttore della Divisione di Urologia della Azienda Ospedaliera di Alta Specialità “V. Monaldi” di Napoli ed attualmente primario emerito dell’ospedale Monaldi di Napoli.
Quando fare la prima visita urologica?
«La prima visita va fatta a 50 anni, ma se dall’anamnesi si evince la presenza di ereditarietà ad esempio di tumore prostatico, allora occorre farla ben prima, già a 40 anni. Dai 50, poi, la visita fa fatta ogni anno, anche in assenza di sintomi».
Che cosa è la prostata?
«La prostata è la ghiandola che secerne, insieme alle vescicole seminali, il liquido che è parte dello sperma e che crea l’ambiente favorevole alla sopravvivenza e alla motilità degli spermatozoi. E’ composta da una parte fibrosa, una mucosa ed una ghiandolare».
Perché la prostata può creare fastidi?
«Dobbiamo immaginare la prostata come un portauovo. Con il trascorrere del tempo, l’uovo, che è la parte all’interno del quale passa l’uretra ovvero il canale che favorisce la minzione, tende ad aumentare di volume (adenoma prostatico benigno). Qualsiasi ingrossamento dell’uovo provoca disturbi come, ad esempio, la congestione prostatica in età giovanile, l’ipertrofia prostatica con il passare degli anni, la prostatite e malauguratamente il cancro della prostata. Un po’ come accade con l’occhio: si comincia con l’astigmatismo, poi può insorgere insorge la miopia, quindi la presbiopia fino alla cataratta».
Quali sono i sintomi che fanno scattare il campanello d’allarme?
«Sono diversi i sintomi da osservare. L’aumento della frequenza ad urinare, la nicturia, vale a dire la necessità di alzarsi di notte per urinare, la riduzione della forza del getto, l’inerzia prima di urinare, il gocciolamento dopo la minzione, i bruciori e il sanguinamento».
In cosa consiste la visita urologica di controllo alla prostata?
«La visita consiste in un’esplorazione rettale attraverso la quale, in un combinato disposto con l’ecografia e il monitoraggio dell’Antigene Prostatico Specifico, noto come PSA, si osserva la grandezza, le caratteristiche, l’uniformità della ghiandola oltre alla eventuale presenza di noduli sospetti che possono essere il segnale di un cancro alla prostata».
Con l’ecografia alla prostata cosa si osserva?
«L’ecografia è l’esame diagnostico attraverso il quale, oltre a ciò che dicevamo prima, si possono verificare anche le caratteristiche della vescica. Questi è un organo strettamente connesso alla ghiandola prostatica. La vescica è fornita di muscolatura che serve a spingere fuori l’urina. L’ecografia può mostrare l’ispessimento delle pareti, diverticoli (in fase avanzata di ostruzione), calcolosi ed eventuale residuo di urine dopo la minzione».
Cos’è l’esame del PSA e quali indicazioni fornisce?
«Lo screening dell’Antigene Prostatico Specifico, che è considerato un marcatore delle disfunzioni della prostata, serve a verificare la presenza di un carcinoma prostatico. Un valore molto basso (il limite attuale è a 2,5 nanogrammi per millilitro di sangue e non più 4) rende improbabile ma non impossibile la presenza di cancro alla prostata. Al contrario, un valore alto non indica necessariamente un tumore, perché variazioni del PSA sono frequentissime anche per patologie infiammatorie. Il rapporto tra PSA Totale e PSA Libero è un altro indice di cui tener conto: un valore superiore al 20% è infatti un ulteriore fattore di tranquillità».
Il solo esame del PSA è sufficiente per fare una diagnosi?
«No, il solo PSA non è sufficiente. Un nuovo, anche se ormai non nuovissimo, esame è la Risonanza Magnetica Multiparametrica, un esame molto più significativo dell’ecografia transrettale. La RMN Multiparametrica indica con un punteggio, il Pi-Rads, compreso tra 1 e 5, quanto un reperto riscontrato sia sospetto per neoplasia. In questo caso, vale a dire con valori Pi-Rads tra 3 e 5, è utile procedere a biopsia mirata».