Amicizie che sfumano nel tempo: tra ricordi e nuove strade, serve un termine per dare dignità a legami intensi ma limitati.
La nostra società ci abitua a pensare molto alle relazioni sentimentali. Esistono tantissime parole per definirle, sia quando sono in essere che quando finiscono, e altrettante riguardanti i suoi attori: matrimonio, convivenza, fidanzamento, separazione, divorzio, marito, moglie, compagno, ex, partner, vedova, e chi più ne ha più ne metta.
L’importanza trascurata dell’amicizia
L’amicizia, invece, non gode della stessa rilevanza, quantomeno linguistica, nonostante la famiglia con cui scegliamo di circondarci – quella degli affetti con i quali non condividiamo il letto – sia enormemente più importante, da un certo punto in poi, nella vita di tutti. Peggio accade quando queste amicizie si interrompono e non c’è nemmeno un’apparente motivazione.
Ricordi e amicizie perse per strada
Ci penso perché, per una serie di ragioni, mi sono ritrovata a rivolgere i ricordi ad alcuni amici che ho perso per strada. Persone con le quali ho condiviso pezzi importanti di cammino e tanta vita. In certi periodi, tutta quella che c’era.
Non mi sono venuti in mente, però, quelli con i quali è arrivato un disaccordo insanabile. In quel caso l’amicizia si interrompe, spesso con dolore. Ma le cause sono chiare e non te le scordi mai e, se li ribecchi nel tuo percorso, giri la faccia, cambi strada oppure, dopo un rapidissimo saluto, fingi un impegno improrogabile.
La mia memoria è andata ad un paio di “ci siamo persi di vista”. Così. Un poco alla volta fino a quando il ricordo del tempo passato insieme sembra quasi un’allucinazione. Possibile? In una città che è un buco – Avellino – dove si conoscono tutti?
Eppure è accaduto davvero.
Ci siamo persi di vista nel senso letterale dei termini. Prima sapevamo tutto l’una degli altri, e adesso non so nemmeno se abitino ancora qua. Quand’è successo? Com’è successo? Piano, piano. Capendo che non le nostre vite, ma le nostre anime, avevano preso strade troppo diverse. Non ci riconoscevamo più a vicenda, non c’erano più argomenti né sentimenti da mettere in comune. Quel tutto che ci univa si è sfilacciato e la compagnia reciproca non era più un piacere, ma un obbligo da assolvere in nome dei vecchi tempi.
Come gestire i ricordi?
E adesso cosa resta? Una montagna di ricordi ai quali non so più che valore dare perché nessuno mi ha insegnato come si fa. Ma solo a me?
Conosco l’amarezza della rottura, il dolore del tradimento, la gioia del ritrovarsi, perfino la poesia del non essersi mai davvero lasciati. So dare un nome alle mie emozioni, anche quando si affollano e mi mandano in confusione.
Questa strana ambiguità, invece, non la so gestire. Non era previsto che un tutto così importante diventasse soltanto “qualcuno che una volta conoscevo” – come dice una vecchia canzone che mi piace proprio assai – senza una causa davvero importante. Ed è strano questo senso di colpa che provo perché sento indifferenza laddove c’era stato, una volta, quel trasporto. Che senso ha? Non è mancanza. Non è nostalgia.
La necessità di nuove parole
Ci vorrebbe una parola nuova a mettere ordine. Chissà, forse c’è già in qualche lingua che non conosco. Un modo per definire quelle relazioni a tempo determinato, importanti solo per un po’, proprio come certi vestiti da cui non ci separavamo mai e all’improvviso, senza un perché, li abbiamo messi via.
Un termine che dia loro dignità d’esistenza, anche se limitata, e che aiuti a descrivere questa strana condizione. Dovessimo prima o poi incontrarci, forse sapremmo tutti cosa sarebbe meglio fare o dire.
E invece siamo bloccati qui, tra la buona educazione e una confidenza che non c’è più ma si fa percepire ancora, a ridisegnare i confini di uno spazio che, una volta, quasi coincideva col nostro. Che strano.
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