Le funzioni e il ruolo svolti da un avvocato vengono chiaramente identificati dall’articolo 1 del Codice deontologico forense.

Un avvocato ha l’obbligo specifico di tutelare in ogni sede il diritto alla libertà, l’inviolabilità e l’effettività della difesa, assicurando, nel processo, la regolarità del giudizio e del contraddittorio.

Nell’esercitare il ministero l’avvocato deve vigilare sulla conformità delle leggi ai principi della Costituzione e dell’Ordinamento dell’Unione Europea, ma anche a quelli espressi dalla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, a tutela e nell’interesse della parte assistita.

Le norme deontologiche alle quali deve attenersi un avvocato nell’esercizio della professione sono un elemento essenziale “per la realizzazione e la tutela dell’affidamento della collettività e della clientela”.

E’ inoltre doveroso per un professionista serio e scrupoloso tenere comportamenti corretti, ed è sua specifica responsabilità professionale garantire una prestazione efficace e di qualità.

In che cosa consiste la responsabilità professionale dell’avvocato

La responsabilità professionale dell’avvocato nasce dall’obbligo di prestare il proprio operato tenendo fede a doveri quali la correttezza e la diligenza, per rispondere nella maniera più consona agli obblighi derivanti dal mandato professionale ottenuto dal cliente.

Considerando i termini della responsabilità professionale dell’avvocato sono essenziali gli obblighi ma non i risultati, l’esito di una causa infatti esula dall’operato del principe del Foro.

Non è corretto promettere a priori esiti certi ma è necessario operare responsabilmente.

Infatti non può essere considerato un comportamento negligente l’esito negativo di  un procedimento, a patto che il professionista abbia interpretato correttamente le leggi e non abbia agito con dolo o colpa grave.

La responsabilità dell’avvocato deve essere accertata e si può parlare di errore quando non vengono seguiti aspetti dell’attività tecnica, oppure si commettono sbagli evidenti in fatto di procedure.

La Corte di Cassazione, Sez. III Civile, con l’ordinanza depositata il 21 giugno 2018, n. 16342, è tornata recentemente ad occuparsi di responsabilità professionale dell’avvocato.

Disquisendo di responsabilità professionale, come stabiliscono gli Ermellini, è necessario provare la condotta professionale e nel caso se ne ravveda la negligenza è necessario anche accertare che il danno risulti una reale e concreta conseguenza della condotta tenuta dal legale.

Responsabilità avvocato: in cosa consiste l’onere della prova

Riprendendo quanto spiegato in questa pagina: Responsabilità avvocato: in cosa consiste l’onere della prova all’avvocato è richiesto di operare con un grado di diligenza medio, come stabilisce la Corte di cassazione con sentenza numero 2954/2016, non è altrettanto facile potersi garantire a priori risultati positivi.

In caso di esito negativo non è però automatico che il cliente abbia diritto al risarcimento del danno, a fronte di un possibile inadempimento da parte dell’avvocato.

E sono queste considerazioni che introducono il cosiddetto onere della prova.

Come conferma la Corte di Cassazione con sentenza  n. 297/2015 è necessaria un’attenta valutazione dell’operato del professionista, abbinata ad una considerazione che poggia sul giudizio probabilistico.

In pratica è bene domandarsi come sarebbe andata la causa anche nel caso in cui l’avvocato non avesse commesso alcun errore. A fronte di un percorso estremamente corretto da parte del legale l’esito della sentenza avrebbe potuto essere ugualmente negativo? 

Il danno risarcibile non può e non deve essere legato per forza di cose all’operato dell’avvocato e ad eventuali inadempimenti.

Sono queste considerazioni a delineare l’orientamento tenuto dall’attuale giurisprudenza, corroborato da due ulteriori sentenze della Cassazione ovvero la  n. 2638/2013 e la n. 1984/2016 sulla cui scorta viene stabilito che  “la responsabilità dell’avvocato non può affermarsi per il solo non corretto adempimento dell’attività professionale” è infatti necessario “verificare se l’evento produttivo del pregiudizio lamentato dal cliente sia riconducibile alla condotta del primo, se un danno vi sia stato effettivamente”.

Infine se l’avvocato “avesse tenuto il comportamento dovuto, il suo assistito, alla stregua di criteri probabilistici, avrebbe conseguito il riconoscimento delle proprie ragioni”.

Determinante considerare le prove ed il nesso fra la causa e la condotta dell’avvocato ed il risultato che ne è derivato.