La città di Avellino ha verso il suo Patrono, San Modestino, un culto non comune, che affonda le proprie radici nei secoli passati.
San Modestino, unitamente ai compagni Fiorentino e Flaviano, rappresenta per la città e la diocesi di Avellino un valore religioso insostituibile per la testimonianza di fede che ha saputo dare, fino al martirio.
La vita dei Santi principali della diocesi avellinese e del capoluogo trova la sua origine negli Atti compilati dal Vescovo di Avellino Ruggiero, nei primi decenni del XIII secolo, nei quali si ritrovano molti elementi dovuti alla leggenda.
Agli Atti del Vescovo Ruggiero si sono aggiunti quelli del Vescovo di questa città, Guglielmo, al quale toccò la benefica sorte del rinvenimento e della successiva traslazione da Mercogliano delle reliquie di San Modestino, San Fiorentino e San Flaviano, nell’anno 1166.
Il compianto benedettino P.Giovanni Mongello, valente studioso del cenobio di Loreto di Montevergine, ha tracciato un esauriente profilo dei Santi Martiri irpini, apparso alla “BIBLIOTHECA SANCTORIUM” nel 1967, che appresso si riporta nella sua interezza:
Modestino, Vescovo, Fiorentino, presbitero, e Flaviano, diacono, santi, martiri. Possiamo così riassumere le notizie forniteci dagli Atti (BHL, II, pp. 872-73, nn.5980-83), sulla vita dei santi Modestino e compagni.
Modestino era succeduto da alcuni mesi al vescovo di Antiochia, Doroteo, quando l’editto di persecuzione di Diocleziano lo costrinse a ritirarsi in un eremo, dove rimase sette anni. Ritornato in sede, fu arrestato, sottoposto a vari tormenti e messo in carcere. Liberato miracolosamente, partì con due compagni,il sacerdote Fiorentino e il diacono Flaviano. Approdati in Calabria, a Locri, furono di nuovo arrestati come cristiani e poi tradotti a Sibari, dove vennero, per la seconda volta liberati miracolosamente. Con diretto intervento divino furono trasportati in Campania e, guidati dall’Arcangelo Michele, giunsero in territorio di Avellino, nel luogo detto Pretorio. Qui morirono, non molto dopo, tutti e tre lo stesso giorno, il 14 febbraio.
Purtroppo questi Atti, redatti come legenda per l’Ufficio divino, non meritano alcuna fede, essendo ricalcati, a volte pedissequamente, come facevano già notare il Ferrari e l’Ughelli, su quelli di S. Erasmo di Capua. Si può anche notare che non vi si parla della morte violenta subita dai tre santi, anche se è detto di tutti e tre che morirono nello stesso giorno.
Che poi San Modestino sia stato vescovo di Avellino, è stato in realtà affermato da alcuni scrittori, compreso il Coleti, contro l’Ughelli, ma senza solide basi documentarie.
Importante è invece constatare, dal 1052 in poi, l’esistenza di una chiesa in onore di San Modestino nel luogo Preturo o Petrorio, nella circoscrizione del pago o casale di Urbiniano (divenuto in seguito Valle di Avellino).
Prima di quest’epoca, il silenzio più assoluto dei documenti e degli antichi martirologi avvolge il nome e le vicende di questi martiri. Perciò i critici, antichi e moderni, dai Bollandisti in poi, si sono mostrati molto esitanti nell’accogliere il loro nomi e nel ripetere le notizie redatte su di loro nel sec. XIII dal vescovo di Avellino Ruggiero (ca. 1215-1240).
Questo stesso vescovo ci tramandò pure la narrazione del rinvenimento e delle traslazione delle loro reliquie, eseguita, a quanto lui afferma, dal suo predecessore, il vescovo Guglielmo (ca. 1166-1206).
I corpi dei martiri riposavano da secoli nel nominato luogo Pretorio, distante da Avellino circa tre miglia, ma senza che ne fosse conosciuto il sito preciso. Il vescovo Guglielmo, ispirato da Dio, volle procedere alla loro traslazione nella cattedrale di Avellino, non rifuggendo da alcuni ingenui stratagemmi per eludere la prevedibile opposizione da parte degli abitanti del castello di Mercogliano e del casale di Urbiniano.
Questa relazione non è più attendibile degli Atti della vita degli stessi martiri. Si noti poi che in tutta la narrazione non vengono mai nominati espressamente San Fiorentino e San Flaviano, pur accennandosi più d’una volta ai compagni del santo vescovo.
Quanto al termine della traslazione vi è una duplice tradizione: quella avellinese, che vuole che il vescovo Guglielmo abbia effettivamente trasportato nella cattedrale di Avellino i sacri corpi (e in questo coincide con la relazione del vescovo Ruggiero) e quella mercoglianese, che sostiene che i corpi trovati, rimasero in paese. Intanto entrambi i paesi hanno scelto come loro protettori i santi martiri e ne hanno celebrato finora la festa della traslazione.
Certo è che tutte le testimonianze storiche giunte sino a noi dalla fine del sec. XVI in poi sono concordi nell’additare a Mercogliano, in tre cassette distinte, questi sacri corpi, mentre gli avellinesi non hanno mai potuto mostrare se non delle reliquie insigni di San Modestino.
D’altra parte, non risulta che dopo la metà del sec. XIII si sia mai verificata una seconda traslazione di quei corpi da Avellino a Mercogliano, il che, del resto, sarebbe stato molto difficile, sia per le ragioni devozionali delle rispettive popolazioni, sia perchè Mercogliano dal 1195 in poi venne a dipendere strettamente da Montevergine e a costituire il centro dell’attività feudale dell’abbazia.
Ma forse le due tradizioni si possono conciliare, riducendo la traslazione in Avellino al semplice trasferimento delle reliquie insigni che poi si sono conservate.
Rimane tuttora presso Mercogliano la chiesa dedicata a San Modestino e, in essa, all’ingresso della seconda cappella a sinistra, un piccolo pozzo viene indicato come il luogo preciso in cui giacquero per tanti secoli e furono poi ritrovate le sacre ossa dei martiri.
(da: G. Mongelli, Bibliotheca Sanctorum”, Città Nuova Editrice, Roma 1967) .
La scarsità e la mancanza di autorevoli fonti documentarie sulla vita dei Santi Modestino, Fiorentino e Flaviano sono state colmate dalla fede degli abitanti delle contrade irpine i quali, sin dai secoli passati si sono rivolti al Santo Patrono con certezza e profonda sincerità.
Accanto alla fede per S.Modestino la comunità avellinese si è distinta in cerimonie civili e religiose di grande suggestività, tramandate nei secoli dalla civiltà dei ricordi e della tradizione.
Ecco così che Avellino ripete nel rito della la fiera di San Modestino l’attaccamento al Santo attraverso le manifestazioni economiche e commerciali che consentono alla città una dignitosa esistenza.
Il culto e la devozione hanno trovato i nostri padri amorevolmente solleciti a rendere la dimora dei Santi martiri bella e fastosa, degna della santità delle loro spoglie e delle loro immagini.
Queste premure hanno lasciato un visibile ricordo nel Duomo di Avellino ed in modo particolare nella Cappella del Tesoro, dedicata dalla Città intera al glorioso San Modestino.