Scopri la trama e guarda il trailer di questo eccezionale film drammatico in visione su Netflix e candidato ai premi Oscar 2024.
E’ nella cinquina delle pellicole candidate all’Oscar come miglior film internazionale, “La società della neve” diretto da Juan Antonio Bayona (The Impossible, Sette minuti dopo la mezzanotte, Jurassic World: il regno distrutto) è sulla piattaforma Netflix dal 4 gennaio scorso.
Si tratta di una trasposizione cinematografica dell’omonimo libro di Pablo Vierci: racconta l’incidente aereo avvenuto il 13 ottobre 1972 quando il volo 571 delle Forze aeree dell’Uruguay – che trasportava in buona parte la squadra di rugby degli Old Christians Club insieme ad amici e familiari – precipitò sulla Cordigliera delle Ande.
Il focus del film è legato alle scelte spesso estreme che i sopravvissuti dovettero prendere per rimanere in vita per oltre 70 giorni dal disastro. Scelte che misero in crisi il loro sistema di valori, le loro convinzioni, sfidando l’istinto di sopravvivenza all’ennesima potenza.
La lotta per la sopravvivenza dei 29 sopravvissuti in uno degli ambienti più ostili al mondo per condizioni climatiche è al centro della narrazione. Non tutti rimasero in vita alla fine di questo periodo così drammatico nel corso del quale ciascuno dei protagonisti vide morire genitori, fratelli, fidanzate e amici.
La pellicola ha già ottenuto numerosissimi riconoscimenti, tra cui la nomination ai Golden Globes e ai BAFTA sempre per il miglior film straniero e ben tredici candidature ai Goya, alle quali si aggiungono i successi ottenuti agli European Film Awards e il premio del pubblico al San Sebastián International Film Festival.
Inquietante, disturbante, angosciante, ma comunque appassionante, il film racconta l’incidente aereo più drammatico di tutti i tempi.
La lotta per la vita, l’istinto di sopravvivenza, le scelte estreme, i sentimenti che non conoscono limiti e confini, “La società della neve” emoziona, sconvolge, inquieta e fa riflettere. Una pellicola che ti incolla allo schermo e ti fa interrogare sul senso più alto della vita ed il valore della morte.
Nel film di Bayona Enzo Vogrincic Roldán interpreta Numa Turcatti, uno dei sopravvissuti allo schianto morto dopo alcune settimane dallo schianto. Nel cast anche Matías Recalt (Roberto Canessa, sopravvissuto), Agustín Pardella (Nando Parrado, sopravvissuto), Tomas Wolf (Gustavo Zerbino, sopravvissuto), Diego Vegezzi (Marcelo Pérez del Castillo, sopravvissuto allo schianto e morto sotto una valanga nei giorni successivi), Esteban Kukuriczka( Adolfo “Fito” Strauch, sopravvissuto), Francisco Romero (Daniel Fernández Strauch, sopravvissuto) e Rafael Federman (Eduardo Strauch, sopravvissuto).
A bordo dell’aereo c’erano 45 persone: cinque membri dell’equipaggio e la squadra giovanile di rugby con familiari ed amici. Dodici persone morirono al momento del violento impatto all’altezza del Glaciar de las Lagrimas, nel dipartimento argentino andino di Malargue (provincia di Mendoza), altre sono decedute nei giorni successivi. Sedici sopravvissuti furono tratti in salvo solo il 22 dicembre, dopo 72 giorni.
I sopravvissuti piombarono in una situazione di vita ai limiti del concepibile e furono chiamati ad affrontare un tema considerato un tabù, quello del cannibalismo. In pochi giorni, le riserve di cibo che riuscirono non senza fatica a recuperare dai rottami della carlinga andarono esaurite. Che fare? Si videro obbligati a mangiare i corpi di coloro che erano morti in seguito allo schianto. Molti di loro, in punto di morte, autorizzarono i sopravvissuti a nutrirsi dei loro corpi.
Il titolo del film è dato proprio dalla necessità che i sopravvissuti ebbero di darsi delle regole, per quanto assurde data l’assurdità del contesto in cui si ritrovarono. Così come una società fa.
La decisione di nutrirsi dei corpi delle persone morte in seguito al disastro aereo fu affidata ad una votazione.
Dopo aver esaurito le scorte alimentari, e provato a ingoiare di tutto, dalle suole delle scarpe alle sigarette e al dentifricio, ha ricordato Roy Harley, uno dei membri della squadra di rugby che oggi ha più di 70 anni, “ci riunimmo per decidere su quella che era per noi l’ultima spiaggia“. La maggioranza votò “sì”, ha ammesso, spiegando che “stavamo morendo. Quando si ha la scelta di morire o di usare l’unica cosa che resta… Abbiamo fatto quello che abbiamo fatto per vivere“.
Dopo aver compreso che in quella situazione sarebbero andati incontro a morte sicura, essendo con ogni probabilità state interrotte le ricerche, a due mesi dall’incidente, dopo aver inutilmente tentato di contattare i soccorsi comunicando via radio, tre sopravvissuti decisero di partire in spedizione per arrivare a piedi in Cile…
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