La pratica del reimpiego attraverso la lente dell’arte contemporanea in mostra alla Fondazione Carisal presso il Complesso San Michele di Salerno.

In occasione della seconda edizione di Restart, l’iniziativa che pone l’accento sul reimpiego di materiali di scarto e sulla salvaguardia ambientale attraverso il lavoro di giovani artisti attivi sul territorio nazionale, promossa da Fondazione Carisal con il sostegno della Regione Campania, dal 19 settembre e fino al 13 ottobre 2024, la mostra Timoria a cura di Fabio Avella e Antonella Ferraro presenta 9 progetti di arte contemporanea realizzati specificatamente per gli spazi del Complesso San Michele di Salerno.

La vita di un oggetto è estremamente condizionata dalla sua funzione, la sua durata può essere persino programmata a agevolare il lancio di nuove produzioni, a discapito delle pratiche più virtuose di recupero e riparazione. È facile scivolare nella rinuncia anche quando si tratta di riattivare un edificio storico, tra gli interventi certo più costosi di risanamento e restituzione.

Se da un lato l’insufficienza di sovvenzioni pubbliche, la carenza di profili di competenza dei restauratori e l’attitudine smoderata verso le tendenze di mercato scoraggiano notevolmente la pratica del reimpiego, dall’altro acuiscono le menti di singoli individui e fondazioni di origine bancaria.

La pittura polimaterica nel corso della storia dell’arte ha avuto molti celebri interpreti: dalle rosette di Piero Manzoni ai pezzi di artiglieria di Anselm Kiefer, gli artisti che ricorrono all’uso della materia spesso recuperata nella sua interezza dal luogo di origine, non solo vi trovano un potere espressivo autonomo, ma anche una presenza difficile da trasfigurare su un piano bidimensionale.

Timoria è stato un termine utilizzato da Erodoto a indicare il “castigo”, la “punizione”, una sorta di contrappasso per tutte le azioni umane che hanno compromesso gravemente il benessere del pianeta.

Gli artisti selezionati dai curatori hanno realizzato 9 progetti specifici per lo spazio che ospita oggi la sede della Fondazione Carisal, l’ex Complesso Conventuale San Michele di Salerno fondata nell’anno Mille: Gianluca Capozzi (Avellino, 1973), Andreas Zampella (Salerno, 1989), Ivano Troisi (Salerno, 1984), Giorgio Bartocci (Iesi, 1984), Paolo Bini (Battipaglia, 1984), Francesca Matarazzo di Licosa (Napoli, 1978), Lucas Memmola (Bari, 1994), Adonai Sebhatu (Bologna, 1986), Gabriella Siciliano (Napoli, 1990).

Alla tecnica affinata negli anni di ciascun artista già avvezzo all’utilizzo combinato di diversi materiali, si aggiunge la sfida di attualizzare il tema dell’upcycling attraverso l’adozione di materiali di scarto come l’acciaio, il legno, la carta, il vetro, la plastica e oggetti di uso quotidiano.

Gianluca Capozzi

Gianluca Capozzi - Wrapping cartons and stories
Gianluca Capozzi – Wrapping cartons and stories

Contemporaneamente alla mostra collettiva Archetipi inaugurata sabato 28 settembre e fino al 25 ottobre 2024 al Palazzo della Cultura – sede della biblioteca provinciale di Avellino, Gianluca Capozzi per Restart ha realizzato l’installazione Wrapping cartons and stories (2024), una serie di dipinti a olio e acrilico su scatole di cartone e Restart (2024), un video che pone l’accento sull’emergenza perpetua della gestione dei rifiuti. Sostituendo la tela con il cartone da imballaggio, le piegature del supporto ricreano l’effetto tridimensionale di una finestra. La prospettiva decentrata sposta l’attenzione sulla postura, il movimento e l’espressione dei soggetti ripresi in momenti di gioco e interazione, ma anche di noia e solitudine.

Andreas Zampella

Nella composizione pittorica di Andreas Zampella, attori e spettatori sono il risvolto della società che recita sul palcoscenico e del pubblico che a debita distanza gode di una visuale privilegiata, certo più ampia e oggettiva della realtà. L’artista si interpone tra la scena e il suo pubblico, costruisce trame e scenografie: in Storia di una vita silenziosa (2024) la cornice naturale dell’ipogeo dell’ex Convento si offre come riparo alla badessa al riposo dopo il banchetto, l’unico personaggio che si distingue dalle estremità delle gambe tra piatti, bicchieri e bottiglie di vetro. Il contrasto tra l’ambiente sotterraneo, un luogo intriso di mistero e fascinazione in cui a lunghi silenzi si alternano crosci e bisbigli, e l’installazione che inscena i discorsi animati, lo scricchiolio delle stoviglie e i passi concitati dei partecipanti al banchetto appena concluso, segna il passaggio dal genere tragico a quello comico in una rappresentazione teatrale.

Ivano Troisi

Lungo la scalinata esterna del Complesso San Michele è installata l’opera di Ivano Troisi, un intervento delicato che unisce natura e artificio, architettura e paesaggio. Mito di una città meridionale (2024) è un’installazione fatta di sottili tubi in acciaio e alluminio recuperati e modellati sul profilo delle montagne che circondano la città di Salerno, principato longobardo esaminato dallo storico Paolo Delogu nell’omonimo libro. Alla durezza del cemento e alla regolarità della forma dei gradini si contrappone la duttilità dell’acciaio e la sinuosità dei rilievi ottenuti mediante una scrupolosa manualità scultorea. Il rapporto instabile tra paesaggio naturale e paesaggio antropico sembra aver sfiorato il grado zero solo in età remote, a oggi tuttavia un mito da perseguire.

Giorgio Bartocci

Giorgio Bartocci nasce come urban artist, il passaggio dalla pittura su ampie superfici murali alla scultura si concretizza nell’opera Creatura (2024) realizzata con scarti industriali in plastica e metallo. Una composizione astratta fatta di brandelli lavorati cresce e si erge su se stesso creando un gioco chiaroscurale di pieni e vuoti, un richiamo alla continuità e alla discontinuità tra gli esseri umani e i contesti ambientali in cui vivono.

Paolo Bini

Posti l’uno di fronte all’altro, Monolite Blu e Eden che si riafferma (2024) sintetizzano il paesaggio mediterraneo per fasce di colore orizzontali in un’alternanza tra pittura a acrilico e nastri di carta. Paolo Bini individua in un elemento architettonico la base del suo intervento: il pilastro portante del solaio che sovrasta l’antica cisterna, un unico blocco di pietra. Procedendo per sovrappozione e poi per sottrazione si arriva le parti dipinte e le parti monocrome in carta si svelano per diversi gradi di luminosità.

Francesca Matarazzo di Licosa

Attraverso l’impiego di scarti dall’industria edile come cemento, sabbia e pigmenti colorati, Francesca Matarazzo di Licosa presenta due opere monocrome: L’ignoranza (2000) in oro con le parole a rilievo tratte dall’opera filosofica “De gli eroici furori” di Giordano Bruno; Il Pianeta (2024) in rosso ricorda apparentemente la terra vista dall’alto con le sue caratteristiche orografiche, ma anche il drappeggio di una coltre pesante da cui l’uomo non riesce a districarsi.

Lucas Memmola

Se i fiumi costituiscono le arterie che trasportano in mare i rifiuti dalla terra, River (2024) di Lucas Memmola, la riproduzione del letto di un fiume in acqua e sabbia in una teca in ferro orizzontale, descrive l’attitudine umana di apatia e indolenza dinanzi all’evidente e progressivo incremento dell’inquinamento delle acque.

Adonai Sebhatu

Nel lavoro di Adonai Sebhatu si riconoscono forme e componenti elettroniche, circuiti elettrici “pcb”, elementi interni delle tastiere dei computer, accanto a disegni tecnici di geometri e architetti. L’andirivieni tra l’analogico e il digitale, vecchie e nuove tecnologie, rappresentazione e interpretazione sta alla base del progresso. La serie di quattro collage Chaos e Polemos (2024) si riferisce rispettivamente alla creazione e alla distruzione.

Gabriella Siciliano

Gabriella Siciliano rivela le distorsioni alla base dei concetti di merce, lavoro e intrattenimento ai nostri giorni. L’aspetto iridescente delle confezioni di prodotti a largo consumo si ritrova nelle opere Easter ’97 (2024) una composizione floreale su fondo nero fatta di incarti in alluminio dei cioccolatini, e La cura del tempo (2022) un’opera realizzata con i fili di foil utilizzati per le decorazioni delle feste mediante la tecnica della tessitura a telaio.

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